Cgil e Uil in piazza, ma senza la Cisl: lo sciopero che divide i sindacati
Venerdì 29 novembre la mobilitazione generale segna una nuova spaccatura tra le sigle confederali. Cgil e Uil di Varese difendono l'unità sindacale, ma la Cisl sceglie un'altra strada
«Lo sciopero generale è lo strumento più adeguato e anche quest’anno è proclamato da Cgil e Uil». Stefania Filetti, segretario provinciale della Cgil, pronuncia questa frase nel bel mezzo della conferenza stampa per la presentazione della mobilitazione generale di venerdì 29 novembre. (nella foto da destra: Daniele Magon, segretario Cisl dei Laghi, Antonio Massafra e Stefania Filetti)
A volte una semplice congiunzione sottende significati più profondi di quello che si pensa. In questo caso quell’anche pronunciato dal segretario dalla Camera del lavoro di Varese, rimanda a una rottura del sindacato confederale: anche questa volta allo sciopero generale manca la Cisl.
Le relazioni tra i sindacati confederali, Cgil, Cisl dei laghi e Uil, in provincia di Varese sono da sempre molto buone. Negli ultimi 40 anni hanno costruito un percorso virtuoso che ha segnato la storia sindacale del territorio permettendo di affrontare contrattazioni e crisi pesanti e fare accordi innovativi, soprattutto in tema di sicurezza sul lavoro e formazione. «Con in colleghi della Cisl parliamo con franchezza di questa situazione – spiega Stefania Filetti – decidere in un certo momento di modificare il proprio percorso e la propria storia, perché è una libera scelta. Noi confermiamo l’idea che un sindacato generale in rappresentanza delle lavoratrici, dei lavoratori e dei pensionati deve avere all’interno il più alto valore confederale, cioè deve tenere insieme gli interessi e le condizioni di chi lavora, di chi è in pensione, di chi un lavoro lo cerca e non lo trova, di chi vede davanti a sé una prospettiva di povertà. Tenere insieme le diverse parti per far fare un passo in avanti nello sviluppo all’intero paese. Invece c’è chi preferisce avere al posto delle dinamiche di rappresentanza e di rappresentatività, un’idea del sindacato più corporativa».
Secondo Antonio Massafra, la campagna condotta da anni contro i corpi intermedi ha generato una forte crisi della rappresentanza. «È un fenomeno che riguarda soprattutto la politica – spiega il segretario della Uil provinciale – Noi ogni tre anni eleggiamo le rsu (Rappresentanza Sindacale Unitaria, ndr) nelle fabbriche e in tutta la pubblica amministrazione. A votare vanno lavoratori iscritti e non iscritti al sindacato circa il 98% e l’80 % dei voti li prendono i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil. Poi al nostro interno possiamo avere posizioni diverse e legittime ma per noi il problema della rappresentanza non si pone e quindi rivendichiamo azioni come lo sciopero generale e quando servono le mettiamo in campo. Tutto questo disturba la politica che invece ogni giorno deve stare lì a fare i conti dei voti che prendono con questo o quel provvedimento. Noi non guardiamo al futuro del sindacato ma al futuro del Paese».
Questo non è il primo strappo della Cisl alla triplice. Nel 2011 durante la gestione di Raffaele Bonanni con il governo Berlusconi ancora in carica, i delegati della Fim contestarono il segretario nazionale venuto a Varese per un consiglio generale e l’oggetto della contestazione era proprio la rinuncia allo sciopero generale e l’eccessivo appiattimento sui desiderata dell’esecutivo. Su palco della Villa Napoleonica salì Mario Ballante, segretario provinciale della Fim Cisl che pronunciò queste parole: «Dire che lo sciopero non va fatto perché fa male alle tasche dei lavoratori è qualcosa che non condividiamo. Lo sciopero è uno strumento di lotta importante che prescinde dalle tasche dei lavoratori che, peraltro, sono generosi».
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