Metalmeccanici in sciopero: il contratto è ancora fermo
Fiom, Fim e Uilm contestano il ritorno al modello del 2016 e chiedono aumenti certi per contrastare l’inflazione. Federmeccanica non fa passi avanti, mentre cresce la tensione nelle trattative

Il contratto dei lavoratori è scaduto a giugno dello scorso anno. I sindacati di categoria, Fiom, Fim e Ulm, hanno indetto complessivamente 24 ore di sciopero, ma il rinnovo ancora non c’è. Non è mai un buon segnale quando si accumulano ritardi su un contratto collettivo che ha una forte valenza politica e che, solitamente, apre la strada agli altri rinnovi. Previste per venerdì 28 marzo 8 ore di sciopero. In provincia di Varese presidi in piazza Monte Grappa a Varese, davanti allo stabilimento Beko di Cassinetta di Biandronno e in tutti gli stabiimenti Leonardo.
MURO CONTRO MURO
Federmeccanica vorrebbe tornare all’impostazione del contratto del 2016, che prevedeva un meccanismo di recupero automatico dell’inflazione senza stabilire una somma precisa. «Federmeccanica non ha fatto un solo passo avanti – commenta Nino Cartosio, segretario della Fiom Cgil – ma è proprio sulla scorta di quell’esperienza che già nel 2019-2020, in occasione del rinnovo, Fiom, Fim e Uilm chiesero di fissare una somma certa di aumento per contrastare l’inflazione».
Il sindacato dei metalmeccanici contesta dunque a Federmeccanica l’intenzione di ignorare il contratto del 2021 e di tornare al modello del 2016, che già allora si rivelò insufficiente. Per questo, Fiom, Fim e Uilm chiedono alle aziende metalmeccaniche di definire una cifra chiara su cui ragionare.
Il contesto economico non è dei migliori. Federmeccanica ha recentemente pubblicato i dati sull’andamento del settore. Sono dati negativi: c’è una contrazione del 4,2% della produzione industriale italiana e c’è un calo dell’export del 3,8%. «È difficile fare i contratti quando le cose non vanno bene dal punto di vista industriale economico, lo sappiamo benissimo- – continua Cartosio-. Ciò detto è chiaro che questa situazione viene usata in modo strumentale da Federmeccanica perché, dati alla mano, nel 2023 le aziende hanno fatto comunque 31 miliardi di utili».
A RISCHIO LE RELAZIONI SINDACALI
«Al di là del muro eretto da Federmeccanica e della messa in discussione del meccanismo salariale legato alla produzione – sottolinea Fabio Dell’Angelo, coordinatore della Uilm Altomilanese – c’è un atteggiamento che mina le relazioni sindacali. Eppure, insieme alle aziende, siamo riusciti ad attivare protocolli per garantire la continuità della produzione in situazioni emergenziali e difficili. Inoltre, la nostra piattaforma è stata votata dal 98% dei lavoratori, un dato senza precedenti. Segno che gli undici punti proposti sono essenziali in un momento di impoverimento generale del Paese».
IL CONTRATTO NAZIONALE È UNA TUTELA
Il sindacato dei metalmeccanici rivendica dunque la propria piattaforma, che non si limita alle richieste di aumento salariale e al contrasto dell’inflazione, ma include anche temi cruciali come la sicurezza sul lavoro e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. «Si è parlato di sostenibilità del contratto – conclude Gennaro Aloisio segretario della Fim Cisl dei laghi– ma in realtà la piattaforma votata dai lavoratori è innovativa e guarda proprio alla sostenibilità. Per le politiche attive e la gestione delle transizioni, chiediamo un incontro preventivo e un coordinamento con i rappresentanti dei lavoratori. Su questo punto, però, le imprese hanno alzato un muro, perché temono di perdere libertà d’azione».
Aloisio cita il caso Beko per esemplificare il problema: «La multinazionale turca ha dimostrato che, in Paesi con regole più lasche e contratti meno tutelanti, in dieci giorni ha licenziato duemila lavoratori. Qui, invece, grazie al nostro contratto nazionale e alla forza del sindacato, siamo arrivati a dieci trattative, stiamo riducendo gli esuberi e soprattutto stiamo trattando».
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