Rosario Rasizza: la fatica che batte la fortuna
Dalla prima agenzia interinale in via Carrobbio alla quotazione in Borsa: la lectio magistralis all’Università dell’Insubria dell’unico imprenditore italiano ad aver portato un’agenzia per il lavoro sul mercato azionario

La semplicità può essere più difficile della complessità, per arrivarci bisogna fare molta fatica. La lectio magistralis di Rosario Rasizza, il primo imprenditore e fino ad ora l’unico in Italia ad aver quotato un’agenzia per il lavoro in Borsa, è filata con semplicità per oltre un’ora e mezza mantenendo alta l’attenzione dei tanti studenti presenti nell’aula 6 della facoltà di economia dell’Università dell’Insubria.
Osservando la time line del caso OpenjobMetis, società di cui Rasizza è stato fondatore e principale ispiratore con la sua visione, appare evidente che la storia di questo imprenditore è stata tutt’altro che semplice e facile. Stimolato dalle domande di Alberto Onetti, professore di economia e gestione delle imprese, Rasizza ha ripercorso tutte le tappe successive al diploma da elettrotecnico: dal servizio militare che negli anni 80 era ancora obbligatorio al primo impiego da commerciale in un’azienda, dopo aver rifiutato un futuro sicuro in fabbrica. Da manutentore di piscine a maestro di tennis, sua grande passione, fino primo licenziamento per aver chiesto un aumento.
NON TROVIAMO LE PERSONE
In tutte queste attività, soprattutto quando il suo interlocutore era un imprenditore, Rasizza rimenava colpito dal fatto che il problema principale era trovare le persone. «Quel tarlo mi è rimasto in testa» ha detto l’imprenditore agli studenti dell’insubria. E anche a lungo perché in Italia, fino al 1997, la legge non permetteva di aprire agenzie per i lavoro. «Eravamo solo noi e la Grecia a non poter fare una cosa che si faceva già in tutto il mondo – ha raccontato Rasizza – Negli Usa addirittura dal 1943 grazie a Kelly Services, il primo al mondo a mettere in piedi un’agenzia per il lavoro».
Poiché in Italia non si poteva, il futuro patron di Openjobmetis andò in Francia a vedere come funzionava, ma una volta tornato dovette fare i conti con i paletti messi dal legislatore italiano, quasi insuperabili per paura degli abusi. Per aprire un’agenzia per il lavoro bisognava avere un miliardo di lire di capitale sociale interamente versato e sottoscritto – bisognava avere sedi in quattro regioni d’Italia, almeno otto dipendenti e una fideiussione bancaria di 350milioni di lire per garantire il pagamento degli stipendi.

GALEOTTO FU L’ARTICOLO
Dalla scatola dei cimeli, Rasizza tira fuori l’articolo del Corriere della Sera dove un annuncio della Fiera del Franchising ricercava in tutta Italia imprenditori interessati al lavoro interinale. A Varese erano scoperti ma per iniziare servivano 50 milioni di lire. «Appena tornato dalla fiera andai in una piccola filiale dell’allora Credito Varesino – ha sottolineato l’imprenditore – e chiesi del direttore che mi servivano quei soldi per aprire “un’agenzia di lavoro interinale”. Lui ripetè: “per cosa?”».
Pochi giorni dopo aver ricevuto quella richiesta, quel direttore, con un intuito pari a quello del miglior business angel della Silicon Valley, accorda il prestito a Rasizza che nel 1998 aprì la prima agenzia in via Carrobbio con il brand Temporary facendosi inquadrare come agente e rifiutando un fisso per alzare la percentuale delle provvigioni.
L’AVVOCATO DI LUGANO
La nascita di Openjob, il cui nome è stato mutuato da Opengate, uno dei primi grandi clienti dell’agenzia Temporary di via Carrobbio, è dovuta a un incontro determinante avvenuto a Lugano dove Rasizza era stato spedito in missione da Temporary per colonizzare il mercato svizzero. La domanda che si sente rivolgere ripetutamente è però sempre la stessa: «Perché non hai un’agenzia tua?». E la risposta era sempre la stessa: «Troppi paletti messi dal legislatore e troppi soldi».
Un giorno Rasizza riceve una seconda domanda da un avvocato: «Ce l’ hai un business plan?».
Gli imprenditori, si sa, hanno una grande caparbietà, che unita a una certa resistenza all’ambiguità e ai contesti ostili, risulta spesso determinante nella riuscita della intrapresa economica. E Rasizza non fa eccezione. Senza perdersi d’animo, bussa alle porte dell‘Università Liuc dove trova un laureando, Giovanni Bitetti, che gli dà le indicazioni giuste per redigere un business plan con tutti i santi crismi in modo da poter ritornare a Lugano per raccogliere i fondi necessari, cioè dieci miliardi di vecchie lire equivalenti a cinque milioni di euro di oggi. L’avvocato non solo gli assicura il suo sostegno, ma ogni settimana gli organizza un incontro con facoltose famiglie italiane a cui sottoporre il progetto da finanziare.
NASCE OPENJOBMETIS
Nel 2011 nasce la società Openjobmetis dopo a fusione con Metis. Un nome tutt’altro che facile perché nessuno voleva rinunciare alla propria ragione sociale. Nel 2015 ci fu la quotazione in Borsa Italiana, nel segmento Star, come era stato scritto molti anni prima nel business plan. Dal 2001 al 2024 i ricavi sono passati da 41 milioni a 830 milioni di euro, una crescita continua passata indenne attraverso quattro crisi globali: l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, la crisi dei mutui subprime del 2008 e del debito sovrano del 2011, fino alla recente pandemia da Covid 19.
L’ultimo capitolo è stato la vendita della quota di maggioranza al Gruppo francese Crit, la più importante agenzia per il lavoro francese a sua volta quotata alla borsa di Parigi, è conseguente delisting del titolo Openjobmetis da Borsa Italiana.
«Siamo stati bravi nel resistere – ha concluso Rasizza -. Voi fate tanta fatica qui su questi banchi, ma poi ne farete altra. Non esiste la fortuna, ma la fatica di tutti i giorni».
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