Il sindacato non resta a guardare: il Risiko bancario si gioca sui tavoli della contrattazione
Alessandro Frontini (Fabi): "Monitoriamo le Ops senza pregiudizi. Il nostro ruolo ha come obiettivo la tutela dei lavoratori. Anche l’intelligenza artificiale sarà materia di negoziazione

«Per il comparto bancario è un momento di fermento. Non erano mai state lanciate tante Ops (offerte pubbliche di scambio, ndr) in un lasso di tempo così breve. Il Risiko in Italia non è finito, anzi: qualche operazione si chiuderà entro la fine dell’anno, altre sconfineranno un po’. Vediamo cosa succede». Alessandro Frontini, segretario provinciale della Fabi, è fresco di visita al quartier generale di Roma, dove ha incontrato il segretario nazionale Lando Sileoni.
Frontini, immagino che un po’ di ansia, certe operazioni di fusione e acquisizione, la generino. Che tipo di atteggiamento tiene il sindacato in questa fase, ancora in divenire?
«Sono operazioni di mercato che noi osserviamo con neutralità, in attesa degli sviluppi e dell’esito finale. Quando la direzione è presa, entriamo in campo per gestire i cambiamenti attraverso accordi su tutte le questioni che ne derivano».
Rispetto al recente passato però sembra che le offerte di pubblico scambio si siano concentrate in poco tempo e coinvolgendo una platea di lavoratori enorme, oltre centomila. Ci potrebbe essere un problema di gestione?
«Le ultime Ops erano più diluite, ma una volta che il mercato aveva dato il suo esito, noi le abbiamo gestite al meglio. Vogliamo ricordare i tempi della Popolare di Vicenza o di Veneto Banca? Che si tratti di aggregazioni spontanee o di offerte più o meno forzate, l’azione del sindacato non cambia: preso atto di ciò che succede, il nostro obiettivo è tutelare gli interessi dei lavoratori con i migliori accordi possibili».
Quando un accordo è il migliore di quelli possibili?
«Quando non fa ricadere sulle spalle dei lavoratori gli effetti di quelle operazioni di mercato».
Si può affermare che, in questi anni di pesanti ristrutturazioni, i sindacati dei bancari abbiano sviluppato una capacità contrattuale particolare?
«La risposta è sì. C’è una grande differenza rispetto ad altri settori, dove si ricorre a leve molto più traumatiche. In Europa la crisi del settore bancario è costata centinaia di migliaia di licenziamenti. In Italia, invece, è stata gestita tramite il fondo di solidarietà, con 90.000 prepensionamenti volontari e 40.000 assunzioni sotto i 35 anni. Tradotte queste cifre significano: capacità di negoziazione e piena tutela del lavoratore. Il cambiamento va gestito in modo responsabile e non scaricato sulla parte contrattualmente più fragile. Il sindacato raggiunge il culmine della sua funzione nella contrattazione collettiva».
In questi anni avete gestito il ricambio generazionale in modo costante e senza traumi. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale cambia qualcosa? Siete preoccupati?
«L’impostazione delle aziende è tendenzialmente orientata a una riduzione degli organici, mentre la nostra preoccupazione maggiore è garantire un ricambio generazionale che mantenga l’equilibrio nel settore. Nell’ultimo rinnovo del contratto nazionale sono state istituite delle cabine di regia per studiare con attenzione gli effetti dell’intelligenza artificiale. Sono già pronte per essere attivate. Non siamo preoccupati, ma attendiamo di capire cosa accadrà, consapevoli che sarà necessario siglare nuovi accordi per affrontare eventuali ricadute sul personale. È il nostro ruolo».
L’ingresso dell’IA nell’organizzazione aziendale sarà dunque oggetto di negoziazione. C’è consapevolezza tra i lavoratori che la parte normativa del contratto è importante tanto quanto quella economica?
«Quando abbiamo rinnovato l’ultimo contratto nazionale, la Fabi ha promosso una ricca tornata assembleare in tutta Italia. In provincia di Varese, insieme alle altre sigle sindacali, siamo stati piuttosto capillari: abbiamo evitato le piazze e siamo entrati direttamente nelle filiali, per far conoscere ciò che secondo noi è stato un grande successo sul piano normativo. Questo è un contratto moderno: le norme che regolano i rapporti tra le parti servono a governare il cambiamento. Oltre al recupero di ciò che in passato non era stato riconosciuto a livello economico, la piattaforma rivendicativa conteneva proprio un’analisi di ciò che potrebbe servire a un settore in continua evoluzione».
Il Risiko bancario ridisegna la geografia del credito. Sembra che ai grandi gruppi non interessi più presidiare i territori e così continuano a chiudere sportelli. Come si pone il sindacato rispetto a questo fenomeno?
«Come dicevo, le aggregazioni sono operazioni di mercato. Ma la formazione di gruppi bancari sempre più grandi dovrebbe porsi l’obiettivo di rispondere a tutte le esigenze, comprese quelle delle piccole imprese e dei soggetti più fragili. Se una banca entra in un territorio, è discutibile che non mostri interesse per il suo tessuto imprenditoriale. Il nostro auspicio è che questi temi vengano affrontati per tempo nei tavoli di confronto e con la giusta visione».
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