Lavoratori in sciopero al Ccr: “Non chiamateci privilegiati”
Una cinquantina di dipendenti è scesa in strada per protesta contro i tagli alle istituzioni europee che potrebbero tradursi in duecento licenziamenti, anche a Ispra
Anche i ricchi scioperano, verrebbe da pensare. Ma i lavoratori – una cinquantina – che questa mattina si sono ritrovati davanti agli ingressi del Centro comune di ricerca di Ispra non vogliono etichette e mettono subito le mani avanti: «Non siamo qui per gli stipendi e fate male a credere che questa sia ancora la gallina dalle uova d’oro». Quello che ha fatto scendere in strada i dipendenti per protesta, a Ispra come in altre sedi delle istituzioni europee, sono i tagli che l’Unione Europea potrebbe attuare a seguito del pressing di alcuni stati membri. Sono otto (tra cui Germania, Francia, Inghilterra) in particolare gli stati che chiedono una riduzione delle spese di almeno un miliardo di euro con le relative ripercussioni sui bilanci dei singoli istituti.
Le ragioni dello sciopero – «Per i Jrc questo si traduce nel licenziamento di circa duecento dipendenti» spiegano i lavoratori. In Europa i Centri di ricerca di questo livello esistono solo in cinque stati e quello di Ispra è il più grande di tutti. «Per questo motivo l’idea di depotenziarlo ci preoccupa – ha commentato Gianfranco Sottocorno, presidente per l’Italia dell’Associazione pensionati delle Istituzioni Europee – ma ci preoccupa ancora di più l’intenzione di colpire l’indipendenza e la forza della funzione pubblica. Si parla di spending review ma questa operazione non ha nulla a che vedere con questo. È solo un atto di immagine, di facciata. Si vuole mostrare ai cittadini il rigore cavalcando i pregiudizi e tutto ciò mentre a livello nazionale nessuno stato ha cambiato nulla. Riflettiamo: l’Unione Europea conta in totale 50mila funzionari, su tutte le istituzioni, per 500 milioni di cittadini. Quanto pesano i dipendenti dei singoli stati?». Il taglio alle risorse potrebbe avere, secondo le previsioni, anche degli impatti sulle nuove assunzioni, sugli avanzamenti di carriera, sull’orario di lavoro e sull’età pensionabile. «Se una persona accetta un determinato lavoro, di responsabilità e lontano da casa – prosegue Sottocorno – lo fa anche perché le sono state garantite determinate condizioni, se queste cambiano in corsa qualche problema si pone».
Talenti e "precari" europei – «L’immagine che i cittadini hanno dei dipendenti del Jrc è spesso vecchia e distorta – ha aggiunto Keith Ramseay dell’Union Syndicale, il sindacato più rappresentativo della commisisone -. La riforma del 2004 ha modificato invece e molto le tipologie di contratto, le procedure di selezione e la tassazione dei lavoratori. Ma quello che mi sta a cuore è anche la condizione degli stranieri presenti a Ispra. In molti entrano al Jrc tra i 30 e i 34 anni, arrivano qui dall’estero, lasciano amici e famiglia. Io ad esempio posso vedere i miei genitori solo due volte all’anno, non è per nulla facile. È una scelta di vita che si fa per le condizioni di lavoro certo, ma anche per un ideale europeo. Abbiamo superato delle selezioni rigide, siamo lavoratori altamente qualificati e come tali dobbiamo essere riconosciuti. I talenti oggi lavorano duramente per venire qui e danno un contributo di qualità a tutta l’Unione Europea, ma se le garanzie vengono meno i cervelli potrebbero scegliere di spostarsi altrove e diminuirà di conseguenza anche questa qualità a danno di tutta la collettività». Anche il mito degli stipendi d’oro a molti sta stretto: «Ci sono degli stipendi elevati ma sono quelli dei dirigenti e dei funzionari – commenta un lavoratore -. Per gli agenti contrattuali ad esempio, e siamo alcune centinaia, lo stipendio base è di 1.500 euro, senza tredicesima e senza liquidazione. Inoltre le assunzioni sono tutte a tempo determinato per un massimo di tre anni. Anche i nostri giovani sono dei precari».
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