Infortuni sul lavoro in calo in provincia di Varese, ma la situazione resta grave
L'analisi presentata in Camera di commercio mostra i dati dal 2017 al 2021. Industria e servizi i settori con più incidenti, ma sono i trasporti l'ambito più rischioso
Se nel 2017 gli infortuni sul lavoro in provincia di Varese sono stati 6.254, nel 2021 sono calati a 5.135. Una situazione in miglioramento, ma che mostra quanto ancora ci sia da fare per ricucire la piaga che a livello nazionale nel 2019 ha provocato 491 morti. I dati sono stati illustrati alla Camera di commercio di Varese giovedì 24 novembre, in occasione dell’incontro promosso dalla Prefettura di Varese. L’analisi condotta dai tre tavoli tecnici sugli incidenti sul lavoro ha permesso di conoscere quali sono i settori con la maggior quantità di incidenti, il numero degli infortuni in base al totale degli occupati, le fasce d’età più coinvolte, le cause e tante altre informazioni utili per dipingere un quadro dettagliato della situazione in tutto il Varesotto.
«Sebbene gli incidenti sul lavoro siano in diminuzione – ha commentato il presidente della Camera di commercio di Varese Fabio Lunghi – restano comunque inaccettabili. Per ridurre il problema c’è da fare molto e non è mai abbastanza. Come Camera di commercio ci siamo messi a disposizione volentieri, perché il nostro è il mondo delle imprese, e le aziende senza i lavoratori non vanno da nessuna parte. È interesse degli imprenditori sapere tutto quello che possono fare per mettere i loro dipendenti nelle migliori condizioni di lavoro».
I gruppi di lavoro riaperti dalla Prefettura, hanno coinvolto tutti gli attori del territorio, tra cui: Camera di commercio, Inail, associazioni di categoria, sindacati, e istituzioni. «Continueremo a lavorare insieme – ha aggiunto il prefetto di Varese Salvatore Pasquariello – perché non si spenga l’attenzione intorno al problema degli infortuni sul lavoro. Il mio ringraziamento va a tutti coloro che hanno partecipato ai tavoli tecnici e che si sono spesi affinché questa piaga possa sparire al più presto».
Infortuni sul lavoro, la vittima è spesso uomo e giovane
Le informazioni alla base dell’analisi provengono dalla banca dati Flussi informativi e riguardano un periodo di cinque anni dal 2017 al 2021. La maggior parte degli infortuni (il 68,9%) riguarda gli uomini. «Questo – spiega Elena Provenzano, dell’Ufficio studi e statistica della Camera di commercio – è dovuto a due fattori: il primo è che il mercato del lavoro è ancora a maggioranza maschile, il secondo è che i lavori a maggior rischio sono nella maggior parte dei casi svolti da uomini». Per quanto riguarda l’età degli infortunati, la maggior parte (il 52%) ha meno di 45 anni.
Più infortuni in industria e servizi, ma i rischi più alti nei trasporti
Nel quinquennio 2017-2022 la professione col maggior numero di infortuni è stata l’addetto al carico e scarico merci con un totale di 601 casi. Il secondo è l’infermiere (583) e il terzo l’ausiliario di vendita (539). L’addetto al carico e scarico merci è la prima professione anche per il numero di infortuni gravi (incidenti con oltre 40 giorni di prognosi o danni permanenti alla vittima) con 601 casi. Spiccano però anche le condizioni di operatori ecologici e postini, che nel 2020 hanno registrato una percentuale di infortuni gravi rispettivamente del 48% e 42%.
Per quanto riguarda il settore, il 48% degli infortuni tra il 2017 e il 2021 è avvenuto nell’ambito dei servizi e il 31,6% nell’industria: due dei settori con maggior occupazione. Analizzando però l’incidenza, vale a dire il numero di infortuni ogni 1.000 addetti, il primo settore diventa l’agricoltura con 41,1 mentre l’industria si ferma a 17,7 e i servizi a 23,9.
Osservando il codice Ateco delle aziende, nelle attività manifatturiere avviene la percentuale più alta di infortuni (il 32,5% nel 2021). Spostando ancora una volta l’attenzione sull’incidenza, si scopre però che il tasso nel settore manifatturiero è il più basso (17 casi ogni 1.000 addetti). Le attività più rischiose in questo caso sono quelle di trasporto e magazzinaggio, che nonostante nel 2021 abbiano costituito solo il 14,1% degli infortuni, presentano un’incidenza di 60,8 incidenti ogni 1.000 dipendenti. A seguire, le aziende di servizi alle imprese con 37,8 casi e la sanità con 35,3.
Numero di infortuni per ogni 1.000 addettiGli infortuni sul lavoro in cantiere
Nel corso dell’indagine, i gruppi di lavoro hanno collaborato con 45 imprese iscritte a Ance, per analizzare la situazione degli infortuni con un focus specifico sul settore edile. Dal 2017 al 2021, gli infortuni sono stati 75. La tendenza rispecchia quella generale. Tutti gli incidenti hanno riguardato uomini. Nella maggior parte dei casi (il 63%), si è trattato di lavoratori tra i 45 e i 59 anni. La mansioni più soggette a infortuni sono state quella del manovale (con 44 casi) e del camionista (10 casi). Il 96% degli incidenti si è verificato in cantiere e solo il rimanente 4% sul tragitto da e verso il luogo di lavoro.
«Per la nostra associazione – ha illustrato Alberto Rimoldi, vicepresidente di Ance Varese – i risultati della ricerca sono stati positivi. In quell’anno di analisi abbiamo fatto 41.000 ore di formazione per 2.500 lavoratori. Abbiamo stanziato risorse importanti in formazione e sicurezza. Abbiamo fatto oltre mille visite ai cantieri. Stiamo seguendo un percorso virtuoso, i numeri degli infortuni sono ancora alti e bisogna ridurre il fenomeno, rendendo aziende e lavoratori sempre più più attenti e consapevoli».
Le malattie professionali, «Molti non vogliono denunciare»
A differenza degli infortuni (che si verificano all’improvviso) le malattie professionali si sviluppano col tempo a causa dell’attività lavorativa. «Analizzando in particolare le patologie al rachide – ha sottolineato Gabriele Norcia, della direzione centrale Inail – il tasso di denunce in Lombardia è molto basso rispetto ad altre regioni italiane. A eccezione solo di pochi settori come quello del trasporto, dove invece i numeri sono più alti che la media lombarda, anche in provincia di Varese esiste la tendenza da parte di molti lavoratori a non denunciare la malattia professionale. Si tratta di un problema su cui è necessario intervenire».
Cosa migliorare e buone pratiche
«Col questo lavoro – ha commentato Stefania Filetti, in rappresentanza di Fiom Cgil, Cisl e Uil – vogliamo spingere verso l’abbassamento del numero degli infortuni, l’azzeramento di quelli mortali e lo sviluppo di maggiore consapevolezza e di buone pratiche per migliorare la situazione. La fotografia offerta dai dati mostra però che c’è ancora molto da fare. In futuro sarà inoltre necessario avere dei dati in più, che riguardino: condizioni di lavoro, straordinari eccessivi e pratiche aziendali in tema di sicurezza».
All’incontro è intervenuto anche Gabriele Zeppa, responsabile dell’Area sicurezza sul lavoro di Confindustria Varese, che ha illustrato alcune iniziative avviate dall’associazione per migliorare la sicurezza all’interno delle aziende associate. «Abbiamo avviato – ha spiegato Zeppa – un progetto per cui i docenti della sicurezza venivano inseriti direttamente in reparto accanto ai dipendenti. In passato erano emerse infatti molte situazioni rischiose per i lavoratori. In questo modo, i docenti hanno potuto organizzare dei brevi momenti formativi su temi mirati all’attività lavorativa dei dipendenti, parlando in modo specifico dei prodotti e dei macchinari che utilizzano ogni giorno, ma anche sulle modalità di evacuazione e di prevenzione delle malattie».
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