Licenziato dalla Scuola europea il professore ricorre al giudice: “È stato calpestato un mio diritto”
Paolo Paliaga, che era rappresentante sindacale, è stato licenziato nel riequilibrio dei rapporti tra docenti distaccati dai paesi membri e personale locale. Ha fatto ricorso in appello contro la dichiarazione di non competenza del giudice di Varese
Paolo Paliaga sta conducendo una battaglia perché sente che è stato calpestato un suo diritto. Docente per 23 anni alla Scuola Europea, dove insegnava economia, musica, morale, lo scorso anno è stato licenziato al termine di un duro confronto che aveva coinvolto diversi suoi colleghi in tutt’Europa con una petizione firmata da oltre 1000 tra genitori, professori e studenti, e che a Varese aveva portato a indire la prima assemblea sindacale in orario scolastico: «Alla fine di quel periodo turbolento soltanto io ho pagato con il licenziamento, forse perché ero il sindacalista. Sicuramente, però, la vicenda ha avuto risvolti poco chiari che con il mio legale sto affrontando in tribunale».
La questione, assurta agli onori della cronaca nel 2022, era legata ai costi che le scuole europee dovevano sostenere per pagare il personale reclutato localmente (LRT): « Nel 2016 le Scuole europee, dopo aver perso diverse cause intentate da docenti nelle diverse scuole, hanno deciso di cambiare lo statuto soprattutto sottraendo al sistema giudiziario dei paesi membri la competenza a dirimere le controversie, attribuendo alla “Camera dei ricorsi” la sola competenza. Per inciso, i giudici di questa corte sono eletti dal consiglio superiore delle scuole europee – spiega Paolo Paliaga – Nel 2019 alla direttrice venne chiesto di correggere una situazione di squilibrio che, negli anni, si era creata e che aveva raggiunto nella sostanza una percentuale di 50% tra le due categorie di docenti. L’obiettivo era quello di riportare a 65%-35% il rapporto tra docenti distaccati dai diversi paesi (che sono economicamente in carico al paese di appartenenza) e i docenti assunti localmente, per ridurre le spese che gravavano sul bilancio della commissione europea per gli insegnanti assunti localmente per completare l’organico».
Paolo Paliaga, insieme ai responsabili della Flc Cgil, aveva richiesto a più riprese di poter avviare una trattativa con la direzione con l’obiettivo di condividere criteri, regole e tempi di realizzazione del piano di rientro dei costi: «Era un discorso che voleva anche salvaguardare le professionalità, la qualità dell’insegnamento e il diritto degli studenti di avere il livello qualitativo raggiunto negli anni. Ma il dialogo non si è mai aperto ed è sempre stato rifiutato dalla direzione della scuola che – sostenuta dal segretario generale – si è concluso con il mio licenziamento»
Il professor Paliaga, assistito dal legale della Cgil, si è rivolto al giudice del lavoro del tribunale di Varese che, però, si è dichiarato non competente perché, proprio per la rivisitazione delle regole avvenuta nel 2016, la titolarità a trattare vertenze sindacali è stata tolta alle giurisdizioni nazionali e assegnate a giudici di Bruxelles: «Una situazione un po’ strana dove si evince la mancanza di terzietà» sottolinea Paliaga.
L’ordinanza di rigetto del giudice varesino, però, non soddisfa per nulla il docente e il suo avvocato che decidono di ricorrere in appello: «Sto conducendo una battaglia che non è solo personale ma che riguarda almeno 1250 altri docenti che lavorano nelle 13 scuole europee in totale precarietà. C’è un sostanziale vuoto legislativo che riguarda questa categoria di insegnanti. Se io otterrò qualcosa forse riuscirò a dare forza e voce anche ad altri che si trovano a lavorare nel timore di perdere il posto o di avere fluttuazioni di orario inaccettabili da un anno all’altro. Io spero che la Corte d’Appello stabilisca che non ci possa essere una sospensione del diritto alla rappresentanza sindacale, stiamo parlando di un diritto fondamentale e spero che il giudice condanni la scuola per un licenziamento che io e il mio avvocato riteniamo illegittimo. Io non ho voluto e potuto piegarmi a questo clima di paura, la mia dignità non era a disposizione».
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