Il sindaco di Brenta lancia l’allarme: “Per arginare la crisi demografica serve agire insieme”
Gianpietro Ballardin analizza i dati dell’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio sugli abitanti della provincia di Varese e prova a trovare soluzioni ad un tema annoso e importante
Nel territorio della Comunità Montana Valli del Verbano la crescita demografica è pari a zero e la popolazione diventa ogni giorno mediamente sempre più anziana. Questi elementi di analisi si ricavano da dati dell’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio sugli abitanti della provincia di Varese, dove si evidenzia altresì che i varesini che hanno scelto di vivere e di risiedere all’estero superano abbondantemente quota 53 mila.
Un dato che ci dovrebbe far preoccupare in quanto incide direttamente ed in negativo sulle condizioni del mercato del lavoro territoriale nella condizione di un suo impoverimento espansivo; dei servizi educativi con la riduzione dei plessi scolastici a seguito di una insufficienza dei numeri, di carenza dei servizi sanitari ed assistenziali e di difficoltà più in generale di copertura del sistema pensionistico.
L’evoluzione demografica del nostro paese ed in specifico nel nostro territorio, ha già cominciato a presentare il conto in quasi ogni ambito del nostro sistema: dal lavoro alla scuola, con una preoccupante incidenza sulla prospettiva di sviluppo.
Manca sempre di più l’evidenza di una strategia, di un percorso di crescita sostenibile ed affidabile, e la carenza di tutto questo, la colpa di una incapacità a concretizzare un percorso di prospettiva del nostro territorio, non è certo dei giovani. Oggi sempre di più i nostri giovani sono in fuga dalla provincia: non dal mezzogiorno, non da zone povere o disagiate come accadeva in passato, ma per quanto ci riguarda dal territorio della Comunità Montana Valli del Verbano.
Spesso i nostri giovani abbandonano le nostre valli non per sopravvivenza, “non per mettere pranzo e cena in tavola tutti i giorni”, ma per trovare un lavoro che li renda appagati, soddisfatti o che almeno consenta loro di mettere in pratica quanto hanno studiato, ricercando anche in termini di reddito un’attuabilità in questi luoghi.
Senza una prospettiva ognuno di loro cerca spazio fuori dalla Valcuvia, da Varese o all’estero, dove si sentono valorizzati e degni di prendere in mano il loro destino. E a fare le valigie, ancora una volta, non sono ragazzi in difficoltà con poca istruzione, ma sempre più laureati.
Un fenomeno nel nostro territorio ampiamente e sistematicamente sottovalutato, specie da coloro preposti al governo delle cose ai quali è stato spesso ed insistentemente posto in questi anni il problema, che dovrebbero lavorare istituzionalmente alla salvaguardia e al futuro della nostra condizione territoriale, ma che vivono alla giornata o in una piccola dimensione del problema relegata alla condizione del proprio paese, grande o piccolo che sia, senza la costruzione di una prospettiva e di uno sviluppo comune.
OGNUNO PENSA PER SÉ, per dare propaganda ad una condizione di rappresentanza politica, elettorale o di categoria, per la sua realtà lacuale, per la caratteristica di una condizione montana o di particolare attrattività, per dare spazio ad un dato statistico che nella pratica non considera l’insieme dei luoghi che sono parte integrante del nostro sistema territoriale, nella condizione più generale della provincia.
In questo turbinio di proposte si finge di dimenticarsi, che solo attraverso la costruzione di un progetto sistemico, collettivamente partecipato e di reale incisività territoriale, si possono trovare gli strumenti di uno sviluppo capace di dare prospettiva e ragioni di permanenza che possano motivare i nostri giovani ad investire in un progetto concreto di sviluppo del nostro territorio.
Ma anche in questo caso prevale la logica del non considerare il lavoro fatto da altri come patrimonio da valorizzare perché c’è sempre qualcuno più bravo di un altro, o che si sente più capace, magari collocato nella condizione di vertice della provincia o rappresentante di particolari interessi categoriali. Così facendo si ricade ciclicamente nella necessità di ricostruire continuamente un percorso che diventa valido solo se rappresentato dalla condizione del momento, perdendo l’occasione di fare un passo in avanti e dimenticandosi nel cassetto quella mole di importante lavoro, che forse poteva contribuire a dare concretezza ad un risultato o a fare quel necessario passo in avanti.
In questa logica, nella condizione del più bravo o della necessità che questo o quel partito sia rappresentato o che un’amministrazione che vuole marcare la presenza di un comune importante debba pretendere un suo candidato, il tempo passa e sempre di più complessivamente il nostro territorio si impoverisce perché i giovani se ne vanno, perché le imprese chiudono, perché senza un concreto percorso che dà indicazioni precise sullo sviluppo, si investe da altre parti. Perché le importanti risorse economiche necessarie si possono recuperare solo a fronte di progetti concreti, elaborati e condivisi dall’insieme del territorio.
Questo importante lavoro deve essere indirizzato, nella condizione di un tempo necessario che però non può essere infinito, alla preparazione di coloro che attraverso gli investimenti, la formazione scolastica, il percorso indispensabile per costruire un’attrattività di marketing, possano concorrere assieme per dare concretezza alla prospettiva di sviluppo territoriale.
Non si può sempre ripartire da capo o non considerare nella giusta misura il valore e l’urgenza di questa necessità. Serve una politica capace di saldare l’emergenza, la necessità, la condizione con una concreta possibilità di crescita. È NECESSARIO FARE SISTEMA, utilizzando gli importanti strumenti a nostra disposizione, per dare sostanza e reale prospettiva di crescita economica e condizioni di possibile permanenza ai nostri giovani. Questo a mio avviso è il ruolo di una classe dirigente responsabile che vuole lasciare traccia e non essere cancellata dalla negatività della sua storia.
Il Sindaco del comune di Brenta
Gianpietro Ballardin
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