In Svizzera si torna a scuola l’11 maggio: “Un castello burocratico”, la critica di Borradori
La decisione della Svizzera di tornare a scuola è stata criticata dal sindaco di Lugano, che ha ricevuto prontamente risposta dal direttore del Decs, Manuele Bertoli
Gli studenti della Svizzera torneranno fra i banchi lunedì 11 maggio, dopo la sospensione della scuola di quasi due mesi (dallo scorso 16 marzo). A confermarlo la Dcpe, che manderà delle linee guida univoche per tutti gli insegnanti, anche se i cantoni più colpiti dal Covronavirus, Ticino e Romandia, ci saranno delle misure ad hoc.
La consigliera di Stato Silvia Steiner, presidente della Dpce (Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione, ndr), ha assicurato che le raccomandazioni dell’Ufficio federale della sanità pubblica saranno rispettate.
La Dpce, ha affermato Steiner, «assicurare lo svolgimento del mandato di pubblica educazione»: ogni scuola rispetterà le misure del distanziamento sociale e «sapranno adottare anche soluzioni originali». Quanto al controllo all’interno degli edifici, «non ci sarà alcuna polizia scolastica che ne controllerà il rispetto al centimetro», precisa Steiner.
Per le scuole elementari, si è pensato ad una riapertura per tutte le classi a frequenza parziale (quattro mezze giornate o due intere) e con metà di una sezione di venticinque allievi. «Ciò vale anche per la scuola di infanzia, ma con frequenza facoltativa». I contatti durante la ricreazione saranno ridotti e i servizi mensa sospesi.
Quanto alle medie, invece, il rientro sarà frazionato in base alla decisione di ogni istituto e bisognerà decidere quali materie insegnare in presenza e con quali, invece, continuare la didattica a distanza.
LA CRITICA: “UN CASTELLO BUROCRATICO”
Il sindaco di Lugano, Marco Borradori, si è dimostrato critico verso questa decisione: «Rimane in me la delusione per la decisione del Cantone, che ha ignorato i suggerimenti di Locarno, di Lugano, di altri comuni, del movimento della scuola, della Lega e di tanti altri cittadini per un rientro più prudente». Borradori propone l’apertura delle scuole solo degli alunni di quinta elementare e dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia, «così potremmo continuare a garantire l’insegnamento a distanza per le altre classi e il servizio di accudimento per chi ne ha bisogno. Il tutto nel pieno rispetto della sicurezza dei docenti, degli alunni e delle loro famiglie».
Quindi la critica del sindaco: «Invece il Decs ha deciso di aprire tutte le classi, inviando un’ordinanza di nove pagine di regole, deroghe, contro-deroghe, mezze classi, scuola in presenza e mezza giornata: un castello burocratico per tredici giorni di scuola che non sarà semplice mettere in atto in una decina di giorni, perché l’applicazione e la responsabilità ricadono sugli istituti scolastici, non sul Cantone. Lugano ha 3700 studenti e 50 sedi: secondo me è un azzardo. Ne vale la pena?».
LA REPLICA DI BERTOLI
Il direttore del Decs, Manuele Bertoli, ha risposto prontamente a Borradori criticando Lugano: «Caro Marco Borradori, anche in me, dopo ventiquattro ore e dopo due incontri per videoconferenza (uno con te e uno con il tuo collega Quadri) dove la posizione di Lugano in una settimana non si è mossa di un millimetro, rimane la delusione di fronte a chi non vuole cogliere i passi intrapresi».
E, replicando alle critiche del sindaco, ha continuato:«Il Consiglio di Stato ha offerto la scuola dell’infanzia facoltativa, ma non basta. Abbiamo detto che in caso di problemi organizzativi si può arrivare a rendere facoltativi anche i primi due anni di scuola elementare, ma non basta. Abbiamo detto che se ci sono problemi maggiori possiamo spostare l’inizio di una settimana, ma non basta. Preferisci nasconderti dietro formule ad effetto come il “castello burocratico“, che in realtà sono quindici punti, quindici frasi che spiegano il modello; o i “soli tredici giorni di scuola“, che in realtà sono sparsi su sei settimane, esattamente lo stesso tempo che, guardando indietro, ci riporta alla chiusura di metà marzo».
«Occorre affrontare le cose senza nascondersi dietro problemi che amministrazioni con meno mezzi di Lugano stanno affrontando con spirito positivo. Ne vale la pena? Certo che ne vale la pena, se si vuol capire il senso di ridare ai bambini e ragazzi un punto di riferimento», ha concluso il consigliere di Stato.
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