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Skuola.net: “Dieci consigli per la didattica digitale”

Pc, docenti e spazi virtuali. Lorenzo Bensussi spiega alcune buone pratiche da seguire, sintetizzate in un ‘Decalogo’ operativo

Scuola digitale

Sono tante le sfide che attendono la scuola nei prossimi mesi. Su tutte quella di portare a compimento la svolta digitale avviata all’inizio del lockdown, con il passaggio dalla didattica tradizionale a quella – in molti contesti una novità assoluta – ‘a distanza’. In molte scuole superiori, tra l’altro, viene prevista e sarà quasi necessaria: alle lezioni in presenza fisica si alterneranno quelle online per via della mancanza di spazi adeguati a garantire per tutti il distanziamento. Per elementari e medie sarà invece un’opzione da percorrere solo in caso di lockdown, ma se uno o più studenti dovessero essere messi in quarantena potrebbe altresì rivelarsi utile per tenerli al passo coi programmi. Ma come devono organizzarsi prof, studenti e famiglie per rendere il digitale davvero efficace?

A spiegare a Skuola.net le buone pratiche da seguire, sintetizzate in un ‘Decalogo’ operativo, è Lorenzo Benussi, coordinatore del progetto “Riconnessioni”. Un’iniziativa per l’innovazione della scuola realizzata dalla Fondazione Compagnia di San Paolo attraverso la Fondazione per la Scuola, che ha già raggiunto 300 scuole e quasi 100mila studenti. Inserendosi tra le più grandi esperienze di didattica digitale integrata d’Europa.

La didattica digitale non è solo una lezione in diretta

Fare scuola ‘a distanza’ non significa replicare via Internet quello che si fa in presenza. Partendo dal presupposto che l’attività in classe è fondamentale per rafforzare le competenze e le relazioni umane, una corretta didattica digitale integrata – che, specie per gli alunni delle superiori, nei prossimi mesi dovrà supportare quella in classe – dovrebbe articolarsi in due fasi:

una in asincrono (senza collegamento diretto col docente), dedicata all’apprendimento, alla ricerca, all’approfondimento individuale, al learning by doing (imparare man mano che si fanno le cose), allo sviluppo di un metodo di studio personalizzato; ed è quella che dovrebbe assorbire più tempo;

una realmente online, in collegamento con tutta la classe, in cui l’insegnante ricrea la relazione con la classe, accompagna e guida l’apprendimento, restituisce il lavoro svolto dai ragazzi e risponde ai loro dubbi; l’ideale sarebbe limitarla a momenti brevi e molto pratici: serve soprattutto a mantenere viva la relazione e ad aiutare chi rimane indietro.

Una scuola tutta online, su un’unica piattaforma

Per permettere a studenti e docenti di passare in modo agevole dalla didattica frontale a quella ‘a distanza’ e viceversa, gli istituti devono allestire un ambiente virtuale unico in cui, sin dal primo giorno di scuola, mettere tutti i materiali utili (parti di lezioni, risorse digitali, i programmi, il calendario delle lezioni), recuperabili in qualsiasi momento. Una metafora calzante potrebbe essere quella della ‘casa’: una struttura, in questo caso digitale, in cui ci sono varie stanze, in ognuna delle quali si può trovare qualcosa di diverso (ad es., la stanza della matematica, quella delle lingue straniere, e così via). Così come, per gli insegnanti, dovrebbe essere pensato un luogo di confronto riservato (una sorta di sala professori online). Fondamentale, però, che il contenitore sia lo stesso per tutti: bisogna usare una sola piattaforma, tra quelle sviluppate ad hoc per la didattica online.

Spazi modulabili e tecnologia

L’innovazione della didattica deve necessariamente partire dall’infrastruttura, sia fisica che virtuale. In primis a scuola. Gli spazi, innanzitutto, non devono essere fissi ma modulabili a seconda delle esigenze della lezione che si andrà a svolgere. Dal punto di vista della dotazione tecnologica, invece, in un’aula veramente moderna sono imprescindibili: un computer personale per ogni alunno (mediamente dalla quarta elementare); una connessione web affidabile (fibra ottica o banda ultra larga); un display interattivo (come una LIM o un monitor adeguato) per impostare percorsi di ricerca. “Riconnessioni” ha dato già l’esempio, portando – con OpenFiber – Internet veloce, fino a 10gbps al secondo, in oltre 200 plessi scolastici a Torino e nei comuni della cintura torinese; si tratta di una delle reti per le scuole più veloci del mondo.

Un PC in ogni zaino

Di conseguenza, la prima cosa che uno studente dovrebbe avere nello zaino è un computer, dedicato alla didattica. Questo non significa che libri, quaderni e diario vanno eliminati; tra l’altro non è detto che il PC venga acceso tutta la giornata, anzi. Il computer, infatti, deve essere visto come uno strumento in più, per allargare i propri orizzonti: cercare risorse in qualsiasi parte del mondo ovunque io sia, creare insieme ad altre persone anche a distanza, collaborare, condividere. Semmai va rivisto il ruolo dei testi e degli appunti: lavorando sulle edizioni digitali (da consultare sul PC), sul prestito, su risorse stampate dal docente volta per volta in base agli argomenti effettivamente affrontati. Nulla di troppo nuovo, in realtà, perchè l’autoproduzione dei contenuti è una tradizione della scuola “innovativa” che risale agli anni ‘50. Ma che, purtroppo, non sempre è così diffusa.

Una piccola classe anche in casa

Per minimizzare il distacco dalla didattica in presenza a quella a distanza è opportuno predisporre anche a casa una postazione dedicata allo studio. Uno spazio comodo e ordinato in cui posizionare il computer e tutti gli altri accessori, appunti e libri compresi. Studiare in un ambiente non adeguato incide negativamente sulla capacità di concentrazione e sulla produttività. È fattibile anche in un piccolo appartamento: basta un tavolino pieghevole. Ma anche il migliore dei PC non può assolvere al compito di ‘porta’ sul mondo digitale senza un’adeguata connessione, preferibilmente fissa, meglio se a banda larga.

Ripensiamo i programmi

La chiusura delle scuole per un intero quadrimestre e l’avvio quasi sperimentale della didattica online in molti casi non hanno permesso di portare a termine i programmi, lasciando indietro degli argomenti. Occorreranno perciò tutti i 9 mesi di scuola per recuperare. Ma non bisogna correre, questa può essere l’occasione per cambiare l’approccio ai programmi. È meglio selezionare pochi temi e trattarli in modo approfondito e multidisciplinare che seguire ordinatamente i vari argomenti del libro come si è sempre fatto ma senza un legame con la realtà. Ciò vale per quest’anno ma anche per il futuro. L’argomento della pandemia, ad esempio, può aiutare a ripassare la storia, le scienze, la geografia, l’italiano oltre che ad affrontare in modo razionale un’esperienza di vita molto forte e drammatica.

Docenti: insegnare e apprendere vanno a braccetto

Utilizzare le piattaforme più evolute presuppone il possesso di skills digitali di base. Ma, ancora oggi, non tutti i docenti le hanno. L’ideale sarebbe avviare programmi di formazione strutturati e continui; meglio se tenuti da colleghi (anche via web). “Riconnessioni” durante il lockdown ha avviato un programma di webinar per dar voce alle esperienze delle scuole, che ha coinvolto oltre 52.000 insegnanti, più di 1.200 ogni giorno, dimostrando che, per agevolare il proprio compito, la scuola deve ‘fare comunità’: il docente più avanzato può aiutare quello in difficoltà. Ancor prima, però, vengono il modello didattico, la capacità di progettazione e le pratiche innovative (classe capovolta, debating, project work, ecc): anche qui, possono essere spiegate da chi le ha già sperimentate.

Uno spazio virtuale anche per i rapporti scuola-famiglia

La scuola deve far sentire la propria presenza e innescare un dialogo organizzato e trasparente con le famiglie, tenendo presente il nuovo contesto. Nello spazio ‘virtuale’ di ogni scuola deve esserci posto per i genitori: con un’area in cui si svolgono, ad esempio, i colloqui con i docenti; con delle notifiche costanti (circolari, moduli, ecc.); con una segreteria online pronta a rispondere ai tanti quesiti delle famiglie.  È necessaria una buona, ottima organizzazione per evitare, da un lato, l’eccessiva invadenza di alcune famiglie e, dall’altro, l’esclusione di quelle più ‘distratte’.

A ognuno il suo ruolo

I genitori sono un tassello fondamentale, ma è importante definire i ruoli. L’esperienza degli ultimi mesi ce lo ha mostrato: le scuole sono entrate nelle case ma anche le famiglie sono entrate nella vita scolastica, a volte troppo. Un genitore che segue ogni giorno le lezioni del figlio per farlo stare attento, ad esempio, fa probabilmente più danni che altro. Un patto educativo scuola-famiglia davvero costruttivo prevede dei genitori attenti e collaborativi ma non invadenti. La scuola deve spiegare alle famiglie in cosa possono essere utili e fin dove possono arrivare. I genitori, dal canto loro, devono occuparsi della scuola, informarsi e anche pretendere attenzione dalla politica e dalla società.

Nessuno deve rimanere indietro

Il presupposto per far sì che l’innovazione della scuola abbia successo è quello di eliminare il più possibile le differenze. Aiutare le famiglie ‘fragili’ e i ragazzi ‘speciali’. L’alleanza tra scuola e genitori deve allargarsi nel territorio anche ai privati e al terzo settore. La sinergia è la chiave. Per risolvere il problema della dotazione tecnologica, che non tutti possono permettersi, si potrebbe pensare di dismettere le aule computer d’istituto (che, così come strutturati oggi, sono superati), far revisionare i PC e dar loro una seconda vita nelle mani degli studenti più bisognosi. Qualcosa di simile potrebbero fare i gestori delle reti Internet, studiando degli abbonamenti (a condizioni agevolate) dedicati alla didattica. L’importante non è tornare alla normalità ma costruire una normalità migliore.

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Pubblicato il 24 Settembre 2020
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