Nessuno uccida la regina
Domenica apre la pesca alla trota che vede fra i varesini molti appassionati frequentatori dei torrenti, dove ci si organizza per rilasciare il pesce dopo averlo pescato. Intanto il “no kill” arriva in Parlamento
A spasso sulla pista ciclabile lungo il Margorabbia: germani reali che si coccolano al sole, coppie che fanno jogging al mattino e cartelli che avvisano: questa è una zona “no kill”.
No kill? Esatto. Non tutti sanno infatti che in queste ore nei garages, dietro le porte delle cantine inaccessibili a donne e bambini, nella mansarde e in tutti i luoghi lontani da mani indiscrete c’è un esercito di pescatori che sta incominciando a spolverare gli arnesi.
Canne, mulinelli, fili, esche: tutto è pronto per il grande giorno, l’ultima domenica di febbraio, quando apre la pesca alla trota.
Nel Varesotto, oltre ai laghi, dove si trovano esemplari principalmente di trota lacustre soggetta a misure e periodi di pesca diversi, regna più o meno incontrastata una vera e propria regina dei torrenti, la trota fario. Si tratta di un animale bellissimo, un predatore fra i più voraci e con colorazioni meravigliose: puntini dal marrone scuro al tendente al rosso (vedi trota del Tinella, foto sopra) che riempiono di gioia molti pescatori quando questo animale rimane attaccato all’amo.
Per preservare questa specie, e assicurare lunga vita alla fario del Varesotto, gli stessi pescatori si sono dati regole capaci di garantire che i pesci vengano reimmessi in acqua dopo la cattura; regole che valgono però solo su precisi tratti di fiumi e torrenti.
No kill vuol dire esattamente questo. Un termine inglese che si accompagna ad un’altra pratica, identica, ma solitamente riferibile ad altre specie, come la carpa. Si tratta del “catch and release”, prendi e rilascia.
È importante questo inciso poiché anche in Parlamento si è parlato di problemi legati a queste tecniche. Un dibattito che ha toccato il no kill e il catch and relase solo incidentalmente: giovedì l’altro, il 18 febbraio infatti in Aula vennero posti in votazione alcuni emendamenti al “collegato agricolo” proposti dal Movimento Cinque Stelle e bocciati dalla maggioranza.
Nel corso del dibattito, volto a dare sostegno all’ipotesi di inasprire le pene per i bracconieri si è toccato anche questo genere di pratiche volte a preservare il patrimonio ittico delle acque interne: chissà mai che questa diventi una pratica più diffusa all’intera galassia dei pescatori.
Nell’attesa di assistere agli sviluppi della faccenda, e tornando al Margorabbia, in molti fra un paio di giorni – e, c’è da scommetterci, sfidando anche il maltempo in arrivo – si cimenteranno in lanci spericolati nel tratto di torrente che scende da Cunardo e si immette dopo qualche chilometro nel Tresa, e da lì poi nel Maggiore.
Ma cos’è e come funziona questa zona senza uccisioni (per dirla all’italiana)?
Le regole sono spiegate in numerosi cartelli che si trovano lungo il corso del fiume grosso modo all’altezza della rotatoria del Cucco lungo la ss394, fino in un tratto a monte e a valle dello stesso incrocio: in particolare queste regole di pesca si applicano dalla briglia dietro la concessionaria Opel Passeri, a monte fino al ponte della strada che scende da Grantola. La pesca è consentita solo con le tecniche “spinning” (esche artificiali) o “a mosca” (una particolare tecnica che permette di presentare ai pesci le mosche finte sul pelo dell’acqua, o poco sotto) con ami senza ardiglione, cioè la punta in metallo che permette di non perdere il pesce una volta che ha abboccato: in questo modo l’animale non subisce ferite gravi e può venir immesso nuovamente in acqua senza danni.
La pesca è consentita solo dopo il rilascio di uno speciale permesso.
La trota, chiamata dal popolo dei pescatori “la regina”, in questo tratto di fiume è salva. Anche quest’anno la preghiera è stata esaudita: god save the queen.
(maggiori info in merito a questo tema sul sito Fipsas Varese)
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