A Maccagno, alla ricerca delle bocce nascoste
Quattro chiacchiere con Carlo Martinetti che gestisce i campi da bocce realizzati nello spazio dell'ex opificio Puccioni, oggi trasformato nell'Auditorium comunale
Sembra che nella contea del Nurthumberland, ai confini con la Scozia, ci sia una gola, la gola di Whitton, nella quale alberghino elfi e folletti e gnomi, capaci di creare un’aura di misteri e d’incantesimi, ove tutto è possibile, solo che si voglia lasciare libero sfogo alla fantasia.
Del resto anche Giacomo Leopardi si lasciò sedurre da codesti enigmi impostando un “Dialogo di un folletto e di uno gnomo” nel quale fantasticò sulla scomparsa del genere umano con il mondo che procedeva ugualmente senza la specie uomo, in una satira evidente sulla presunzione che lo stesso fosse stato creato appositamente per lui.
Questa atmosfera un po’ fatata, un po’ avvolta nell’arcano, si può scoprire anche nel pianeta bocce, dove esistono realtà che esulano dai consueti bocciodromi, al chiuso o all’aperto, ove avvengono le sfide consuete rette dai regolamenti della Federazione, e la loro scoperta possiede il gusto mai sopito nella natura umana dell’esplorazione per reperire qualcosa che, fino a quel momento, era ammantato dall’ignoto.
Maccagno, paese di circa 2500 anime, ricco di storia fin dal lontano 962, anno nel quale l’imperatore Ottone I concesse lo stato di corte imperiale e la relativa autonomia, con la pietra miliare del 1622, anno fatidico perché al borgo venne concesso il diritto di conio, costituisce la cuspide della cattedrale del mondo delle bocce nascosto, lì nella parte nord del Lago Maggiore, a pochi passi dal confine di Zenna con la Svizzera.
La località, che ha visto trasformare agli albori degli anni 2000 l’opificio Puccioni, ormai dismesso, in uno splendido Auditorium, sede di concerti e di altri importanti eventi culturali, possiede annidato, ma non troppo, quasi sulle sponde del lago, una struttura composta da due campi di bocce, coperti da una leggiadra tettoia e da un efficiente impianto d’illuminazione, molto invitante soprattutto per i neofiti che saltuariamente vogliano impattarsi con la pratica di questo gioco.
Ma come funziona il sistema?
Abbiamo voluto sentire – e capire – dalla viva voce di chi gestisce questa realtà, soprattutto nel periodo estivo: Carlo Martinetti.
Chi gestisce e come funziona l’accesso ai campi?
“Bisogna distinguere. Abbiamo creato un gruppo WhatsApp, che abbiamo chiamato Amici delle bocce Maccagno, in cui ognuno può indicare la propria disponibilità a giocare. Se si raggiunge un numero sufficiente, ci troviamo all’ora stabilita e si gioca il tempo che vogliamo tenere occupati i campi. Abbiamo un accordo con la Pro Loco che possiede la responsabilità della struttura, denominata Bocciodromo Comunale Enrico Badoni, anche se la gestione ricade su un gruppetto di volontari. Mentre per chi volesse venire a giocare al di fuori del gruppo occorre che vada in Pro Loco per farsi dare la chiave di accesso a fronte del rilascio di una cauzione e del rispetto di un regolamento che è stato stilato nel 2014”.
I costi chi li sostiene?
“Ogni giocatore devolve 50 centesimi di euro a partita che vanno alla Pro Loco la quale, a sua volta, li destina a un Centro di Solidarietà – in pratica un Centro Anziani – locale, anche per compensare l’uso delle luci serali. La pulizia dalle foglie e altro che è trasportato dal vento è nostro compito, mentre per i lavori di manutenzione deve pensarci la Pro Loco”.
Vengono a giocare solo neofiti o anche i tesserati?
“Anche qui occorre distinguere. Nel periodo estivo, principalmente durante il giorno, giocano tutti, per cui abbiamo uno stanzino con un cassone di bocce per consentire la pratica anche a chi non le possiede a livello personale come accade per i tesserati. Mentre per l’appuntamento serale sono quasi tutti tesserati o comunque lo sono stati, ognuno possiede set di bocce che si porta da casa e lo svolgimento delle contese è simile a quello di qualsiasi bocciodromo”.
A Maccagno non esiste una Società: comunque c’è mai stata?
A questo punto s’inserisce Pinuccio che rastrella nei suoi ricordi per raccontare.
“Negli anni Ottanta esisteva la Bocciofila Maccagnese, ci sono ancora alcuni trofei nello studiolo allegato ai campi, ora non c’è alcuna Bocciofila affiliata alla Federazione: si gioca perché è bello giocare alle bocce, perché è piacevole stare insieme, è un momento di aggregazione, s’instaurano rapporti d’amicizia che possono prevedere altre opzioni di socialità, come l’uscire per una pizza o una risottata, come’era in programma in questi giorni”.
Si sente la leggera brezza che viene dal lago, accanto i campi da tennis sono al buio e silenziosi, ma le bocce urtano fra loro, intonano una sinfonia speciale e il mistero delle bocce nascoste di Maccagno è finalmente svelato.
PILLOLE DI BOCCE
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