Reddito d’Inclusione: 147 le domande presentate nel VCO in due mesi, 8mila in tutto il Piemonte
L'assessore Ferrari ha presentato le linee di indirizzo sulle politiche di welfare 2018-2019 della Regione Piemonte
Reddito d’Inclusione: 147 le domande presentate nel VCO in due mesi, 8mila in tutto il Piemonte L’assessore Ferrari ha presentato le linee di indirizzo sulle politiche di welfare 2018-2019 della Regione Piemonte
L'assessore alle Politiche Sociali della Famiglia e della Casa Augusto Ferrari ha presentato in conferenza stampa le nuove linee di indirizzo sulle politiche di welfare 2018-2019 della Regione Piemonte illustrando il Piano regionale a contrasto della povertà, passando in rassegna, i dati di un primo monitoraggio relativo all’avvio del Reddito d’Inclusione (REI).
“Il Reddito di inclusione è partito il 01 di dicembre del 2017, come evoluzione del SIA (Sostegno all’Inclusione Attiva), e, ad oggi, abbiamo potuto fare un monitoraggio delle domande presentate e caricate sul portale dell’Inps fino al 31 gennaio del 2018. Abbiamo un primo spaccato dei primi due mesi e ci impegnamo affinché ogni due mesi il monitoraggio sia aggiornato. Stiamo parlando in Regione Piemonte di 664 punti di acceso per poter fare domanda del Rei, quindi possiamo dire che per i parametri che a livello nazionale sono stati individuati, il Piemonte ha risposto molto molto bene.
Ciascuno dei 30 ambiti territoriali in cui il Piemonte è stato suddiviso per l’attuazione del REI ha capillarmente costruito punti di accesso ben al di sopra dei limiti minimi previsti a livello nazionale, quindi è stata una risposta importante che ci mostra un’ attivazione dei territori molto significativa.
In questi primi due mesi sono state presentate più di 8000 domande, effettivamente ne sono state caricate circa 7000, sono circa il 93% delle richieste presentate, quelle che hanno già superato, per Inps, il primo filtro di selezione, in linea con i requisiti minimi. (147 quelle presentate nel VCO ndr)
Possiamo anche dire che relativamente le domande caricate i target prevalenti, che sono quelli che ci fanno dire che il REI va nella direzione giusta, sono quelli relativi ai nuclei familiari con minori a carico, del circa il 56%, e i nuclei familiari con ultracinquantenni disoccupati, che sono il 35%. Sono questi i due target che nel Paese, e anche nella nostra regione, rispetto all’incidenza della povertà assoluta, si attesta il tema della povertà. L’andamento dimostra in qualche modo che si sta andando nella direzione giusta, sebbene tutto va rafforzato ed implementato in maniera sempre più rilevante, ma mi pare che i primi passi dimostrino che siamo nella direzione richiesta. E’ interessante notare come dalle domande fino ad oggi presentate la percentuale principale è data da cittadini di nazionalità italiana, per circa il 68%, il 24% da cittadini extracomunitari e il restante cittadini comunitari.
In un momento in cui gli strumenti a contrasto della povertà sono al centro del dibattito politico, i dati ci dicono che stiamo parlando di qualcosa che è effettivamente in movimento, e non di qualcosa che si può o si potrà fare. Sono stati mossi i primi passi in maniera significativa, come evoluzione di qualcosa che già nel 2016 era partito con il SIA” afferma l’assessore Ferrari.
“C’è da tenere in considerazione” prosegue “ che in base agli impegni della finanziaria 2018, dal primo luglio di quest’anno il REI assumerà una veste “universalistica”, nel senso che oggi solo un nucleo familiare può fare accesso, mentre sono tagliate fuori le persone sole in questo momento, poiché l’accesso al REI oggi prevede non solo requisiti economici ma anche requisiti familiari. Mentre da luglio gli unici requisiti che rimarranno per l’accesso sono quelli economici”
Il Secondo elemento che è importante sapere è che il Reddito di Inclusione non è solo un erogazione monetaria, ma è un sostegno monetario condizionato, cioè condizionato al fatto che chi ottiene il contributo economico deve concordare con i servizi territoriali dei progetti di reinserimento sociale o più specificatamente lavorativo. Il decreto del Ministero pone in capo alle regioni la definizione di un Piano di azioni coordinate a livello regionale di contrasto alla povertà.
“La Regione Piemonte è l’unica regione in Italia, in questo momento, che ha approvato formalmente il ‘Piano regionale di contrasto alla povertà’, frutto di un lavoro partito a dicembre di quella che abbiamo chiamato ‘Rete regionale per l’ inclusione e la protezione sociale’. Quindi, in Regione Piemonte, esiste uno strumento di Governo, che la Regione ha formalizzato con delibera di Giunta, che mette insieme, in una logica di rete, la Regione, gli Enti Locali, i Sindacati e tutti gli attori del Terzo Settore. Tutti questi soggetti la Regione gli ha messi attorno ad un tavolo per condividere un lavoro finalizzato a costruire un piano regionale a contrasto della povertà. Questa è la condizione essenziale affinché la Regione Piemonte, quindi gli Enti territoriali e locali, possano ottenere un finanziamento statale annuale per finanziare gli interventi gestiti dai servizi. Cosa che non sarebbe stata possibile se la Regione non avesse presentato al Ministero un piano di contrasto alla povertà”.
Il monitoraggio sul Rei e il Piano di contrasto alla povertà si inseriscono, almeno per la regione Piemonte, in un piano di lavoro più ampio. “L’ abbiamo chiamato ‘Patto di sviluppo di comunità solidali’. Che cos’è? E’ la programmazione regionale di questo ultimo anno e mezzo di attività legislativa, e che è il secondo tempo de “Il patto per il Sociale 2015-2017”.
Tale programmazione è stata fatta, in linea con la precedente, convocando, in tutte le province, tutti gli operatori e amministratori del territorio piemontese, coinvolgendoli in tavoli di lavoro nei quali potessero indicare delle linee sulle quali occorreva ancora intervenire. Frutto di questo lavoro è questo documento che guiderà le azioni regionale per questo anno e parte del 2019. Qui per la prima volta vengono messi a sistema gli obiettivi e le azioni legate ai singoli obiettivi delle politiche di welfare piemontese, di cui tre obiettivi trasversali e cinque di sistema”.
OBIETTIVI TRASVERSALI
Gli obiettivi trasversali individuati nella nuova programmazione , per attuare concretamente questo piano, si centrano principalmente su tre misure: la costituzione di distretti della coesione sociale, la stesura di un regolamento regionale sull'applicazione dell'indicatore ISEE e l’attivazione di un sistema informativo sociale.
Con i distretti della coesione sociale si intende dare attuazione alla coincidenza fra i distretti sanitari e gli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali. Non di meno, attraverso una modifica normativa della legge regionale 3/2010, si promuoverà un’armonizzazione degli ambiti di edilizia sociale nei distretti di coesione sociale sulla base della definizione del rischio abitativo.
Non più rinviabile inoltre è l’attuazione omogenea sul territorio regionale, di un regolamento di applicazione dell’indicatore ISEE. Questa partita necessita di attivare strumenti di monitoraggio volti ad individuare applicativi standard e definire soglie minime di esenzione, impedendo l'instaurarsi di situazioni di disparità di trattamento.
Affinché gli strumenti messi in campo possano avere la più ampia condivisione tra gli operatori di settore, il sistema informativo regionale tenderà ad una armonizzazione tra il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) ed il Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali (SIUSS). Inoltre si provvederà alla creazione di un database condiviso che, attraverso l'utilizzo di uno strumento web, potrà essere arricchito con altri dati e collegato con il servizio di Reportistica EPICO, già attivo sui temi dell'edilizia sociale.
OBIETTIVI DI SETTORE
A tali obiettivi trasversali, che riguardano tutto l’ambito delle politiche sociali, si inseriscono gli obiettivi di settore suddivisi per: l’ambito socio-sanitario; l’inclusione sociale e la povertà, le politiche familiari, le politiche per l’abitare e il servizio civile.
Nell’ambitosocio- sanitario l’obiettivo è trovare una modalità di collaborazione con le aziende sanitarie, in particolare sul tema della non autosufficienza e della domiciliarità, provando a risolvere l’annoso problema degli assegni di cura; per le politiche di sostegno alle famiglie, occorre rafforzare il lavoro dei centri per le famiglie, che sono i punti territoriali con cui queste politiche vengono attuate: la regione Piemonte, se verrà approvato il nostro progetto dal Dipartimento Nazionale per le Politiche per la Famiglia, noi saremo la prima regione italiana, in cui viene sperimentata la valutazione di impatto familiare, cioè come le politiche territoriali incidono o meno sulla vita familiare; vengono inoltre identificate, per la prima volta nelle politiche di welfare, le politiche per l’abitare, non più politiche edilizie legate all’urbanistica, ma politiche di sostegno all’abitare che mettano al centro il nucleo e la persona.
Ed infine il Servizio Civile: è la prima volta che viene inserito formalmente perché, grazie alla riforma del Servizio Civile Universale, se ne avvia il terzo tempo, che vede le regioni con un ruolo nuovo, più di natura programmatica che non di natura amministrativa, strumento di inclusione attività dei giovani. (C.S)
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