Anche le aziende iniziano a fare scorte
Giovanni Brugnoli vice presidente di Confindustria: «È fondamentale che la macchina non si fermi. Non bisogna perdere il volano degli ordinativi e delle forniture e dobbiamo rassicurare i nostri partner stranieri»
Anche le aziende iniziano a fare scorte. Non siamo ancora al livello dei supermercati presi d’assalto dalle persone, ma il meccanismo è molto simile, perlomeno ha la stessa motivazione: il timore di rimanere senza i materiali e i semilavorati che consentono di mandare avanti la produzione, così come il cibo consente alle persone di rimanere in vita.
«È un momento delicato – spiega Giovanni Brugnoli, vice presidente di Confindustria con delega al capitale umano e presidente di Tiba Tricot srl azienda tessile di Castellanza specializzata in tessuti indemagliabili -. Le imprese italiane votate all’export forniscono moltissime aziende straniere, alcune delle quali hanno iniziato ad aumentare gli ordini per fare magazzino. L’ho potuto constatare personalmente: le richieste dagli Usa per i miei prodotti ha avuto un aumento almeno del 30 per cento».
Questa situazione costringe le imprese a riorganizzare la loro logistica, tenendo conto dei vari divieti sui diversi territori e Paesi. L’industria non si può fermare del tutto, come è stato ribadito nel decreto della Presidenza del consiglio dei ministri, ma è altrettanto chiaro che l’emergenza sanitaria costringe a un rallentamento delle attività produttive dovuto al cambiamento delle abitudini comportamentali per contenere il contagio. Whirlpool, la multinazionale americana che impiega circa duemila persone nel polo dell’elettrodomestico da incasso di Cassinetta di Biandronno, ha stilato un vero e proprio decalogo di prevenzione per fornitori e lavoratori che irrigidisce alcune procedure e impone presidi sanitari obbligatori, come guanti e mascherine, per chi proviene da fuori, una diversa turnazione della pausa mensa e l’uso limitato degli spogliatoi, solo per fare alcuni esempi.
«Poiché noi siamo il secondo paese manifatturiero in Europa con una grande quota di export – continua Brugnoli – è stato importante ribadire che l’industria italiana va avanti. Le limitazioni date in questa fase dal Governo sono corrette, ma è fondamentale che la macchina non si fermi. Non bisogna perdere il volano degli ordinativi e delle forniture e dobbiamo rassicurare i nostri partner stranieri. I commerciali della mia azienda sono costantemente in contatto con i clienti che ci chiedono com’è la situazione in Italia. La risposta più adeguata è garantire loro la certezza delle consegne».
In un momento di così grande incertezza, il ruolo del credito diventa strategico. Alcune banche hanno ribadito la loro volontà di concedere una moratoria, altre hanno garantito aperture straordinarie il sabato per poter dare un servizio di ascolto ai territori. In questa fase alcuni comparti dell’economia italiana, come il turismo e la ristorazione, hanno però bisogno di tanta liquidità perché sono già totalmente fermi. «Le banche devono dare agevolazioni e credito per gli approvvigionamenti suppletivi perché le imprese devono poter avere le materie prime per mandare avanti le produzioni» sottolinea l’imprenditore.
Il Coronavirus e la pandemia hanno messo in forte discussione un sistema economico fortemente globalizzato, ma, secondo Brugnoli, non così tanto da decretarne la fine: «La globalizzazione nel senso più estremo della parola ne uscirà sicuramente ridimensionata perché in questo momento ci siamo resi conto che delocalizzare totalmente in altri continenti è una misura miope».
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