Galli (Confartigianato): “Una pazzia lasciare la Lombardia in zona rossa fino al 31 gennaio”
Per il presidente dell'associazione di viale Milano "è scaduto il tempo delle decisioni non avallate dalle evidenze scientifiche. Occorrono politiche nuove, più attente al bilanciamento tra produzione e salute e tra ripresa economica e disastro"
È una presa di posizione durissima quella di Davide Galli nei confronti della decisione del governo di lasciare in zona rossa la Lombardia fino al 31 gennaio. Secondo il presidente di Confartigianato Imprese Varese, è una scelta che «va oltre l’umana comprensione e l’evidenza epidemiologica e che non rispetta il diritto al lavoro di chi, sino a oggi, ha dimostrato buona volontà, massima attenzione alle norme anti-contagio, adeguamento ai protocolli, fiducia nella scienza e nel legislatore e volontà di contribuire al benessere del Paese».
Galli sottolinea lo stato di «forte sofferenza» del tessuto economico del Varesotto e più in generale lombardo. «È scaduto il tempo delle decisioni non avallate dalle evidenze scientifiche. Occorrono politiche nuove, più attente al bilanciamento tra produzione e salute e tra ripresa economica e disastro».
LA RICHIESTA DI LETIZIA MORATTI È GIUSTA
«Folle è – continua il presidente dell’associazione di Viale Milano – chi, in una situazione come questa, non tiene conto del quadro nel quale sta maturando l’asfissia della più produttiva delle regioni italiane e delle province che fino a oggi hanno contribuito a renderla tale. Quanto ha detto nei giorni scorsi la vicepresidente della Giunta Regionale, Letizia Moratti, a proposito della revisione degli step di approvvigionamento di vaccini anti-Covid ha fondamento e merita di essere ascoltato senza pregiudizi di parte: stiamo mettendo a rischio la capacità del Paese di riprendersi dopo la pandemia, e di farlo rapidamente, non appena la campagna vaccinale sarà entrata nel pieno delle sue potenzialità».
NON C’È PIÙ TEMPO
«Non abbiamo tempo da perdere, non possiamo lasciare per strada altre imprese ormai a un passo dal rinunciare ad un diritto: quello al lavoro». L’allarme lanciato da Galli ha un’urgenza senza precedenti. «Dobbiamo preservare la salute, ci viene detto a giustificazione delle scelte compiute nel lasciare la Lombardia in zona rossa sino a fine mese. Corretto preservare la salute ma si rammenti al contempo la necessità di preservare anche la linfa dell’imprenditorialità. Dobbiamo mantenere vivo il mondo produttivo e fare in modo che ad ogni risalita del virus non sia contro questi uomini e queste donne che vadano a impattare con una violenza non più sopportabile le disposizioni anti- contagio e le chiusure preventive».
CHE COSA SUPPORTA LE DECISIONI DEL GOVERNO
«Sono passati mesi dall’inizio della pandemia e oggi mi domando in base a quali dati e a quali evidenze scientifiche vengono assunte le decisioni di aprire o chiudere una determinata attività? Su quali presupposti vengono compiute le scelte a un anno dalla diffusione della pandemia e con auspicabili conoscenze aggiuntive a disposizione rispetto al primo, violento, lockdown? Pretendo un chiarimento urgente come pure una disamina chiara di quali siano le cause principali del contagio. Lo pretendo a nome delle tante imprese che si rivolgono a noi per capire le ragioni di scelte che non accettano più, e che non riescono più a sopportare».
LE IMPRESE VANNO PRESERVATE
«Nessuno dimentichi che il mondo produttivo va preservato perché è un valore e costituisce le fondamenta sulle quali potremo costruire le risorse per il futuro. Non ci salverà l’indebitamento progressivo, né le scarse e squilibrate risorse destinate al Nord rispetto a quelle, più ingenti, veicolate al Sud dal Pnrr, quel Piano nazionale Ripresa e Resilienza sul quale, a fronte delle scelte sin qui compiute, nutro più di una fondata perplessità. Non possiamo permetterci di dirottare gli scarsi fondi a disposizione in infrastrutture improduttive, né possiamo accettare che aziende che tanto hanno investito in messa in sicurezza, si ritrovino a dispetto di ogni giustificazione epidemiologica, di nuovo chiuse. E penso, tra le altre, alle aziende del comparto benessere».
GLI IMPRENDITORI RAGIONANO CON I NUMERI
Davide Galli, oltre ad essere il presidente di Confartigianto, è a sua volta un imprenditore che sta vivendo sulla sua pelle gli effetti di questo lockdown. «Sono un imprenditore, e come tale ho l’abitudine a ragionare sui numeri, che oggi ci dicono che l’incremento dei casi è passato dai 2.205 del 15 gennaio ai 930 di martedì 19 gennaio, con contestuale regressione del numero dei positivi e dei nuovi ricoveri, che dopo il picco di fine dicembre, stanno frenando la corsa».
Galli fa riferimento ai dati confortanti diffusi dalla stessa Asst dei Sette Laghi, con la terapia intensiva trapianti ritornata Covid meno. «Questo è ciò che ci deve guidare: aspettiamo di conoscere l’esito del ricorso al Tar presentato dal Governatore Attilio Fontana ma, nel frattempo, a futura memoria, e in previsione di nuove azioni, chiediamo più numeri, più chiarezza e più dati per puntellare l’economia senza nuocere alla sicurezza».
LE DOMANDE CHE ASPETTANO UNA RISPOSTA
«Domandiamoci: sono i ristoratori o i baristi il problema? Lo sono le scuole oppure i trasporti? Lo sono gli operatori del settore benessere? Oppure lo è la noncuranza delle regole e il loro mancato rispetto? Chiediamo chiarezza nel merito di tutti questi interrogativi e un approccio che ne sia la naturale conseguenza. Il contagio da Covid è un sì un “rischio professionale” e in quanto tale deve essere monitorato dal datore di lavoro ma la responsabilità ultima va estesa a ciascuno nel proprio ambito. Solo così si uscirà dal cul-de-sac nel quale le imprese ricadono ad ogni variazione cromatica anti-contagio. Solo se si prenderà atto che non sono le attività commerciali o artigianali ad essere pericolose ma il mancato rispetto delle regole di sicurezza da parte di ciascuno in base a quanto è chiamato a fare avremo di fronte una visione, e soluzioni, differenti».
LE AZIENDE SONO PRONTE A SOSTENERE LA VACCINAZIONE
«Prima si procederà a un cambio di paradigma – conclude Galli – meglio si riuscirà a gestire davvero l’emergenza e, al contempo, si darà ai datori di lavoro la sicurezza e la continuità indispensabili a fare impresa e ad avviarsi a quella nuova normalità che tutti auspichiamo possa essere generata dai vaccini. La richiesta del vicepresidente Moratti al commissario Arcuri di ottenere un anticipo delle dosi è sacrosanta: il bisogno in Lombardia c’è, è altissimo. E le aziende, lo si sappia, sono pronte a sostenere la vaccinazione sotto ogni punto di vista se questo restituirà loro garanzie di apertura. Siamo determinati. Ci aspettiamo risposte sensate, una presa d’atto della situazione alla luce dei dati e un’azione forte a favore delle imprese. Non solo prebende, sostegni insufficienti e ritardatari, ma atti concreti come la consegna dei vaccini, unico strumento per permetterci finalmente di rialzare la testa senza la paura di doverla riabbassare tra cinque, dieci o quindici giorni».
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