L’industria metalmeccanica varesina sta resistendo all’ondata di crisi.
Si è tenuta in modalità digitale l’assemblea congiunta dei gruppi merceologici “Meccaniche” e “Siderurgiche, Metallurgiche e Fonderie” dell’Unione degli Industriali. Il tasso di utilizzo degli impianti supera i livelli pre-Covid
In uno scenario economico profondamente colpito dalla pandemia, l’industria metalmeccanica varesina sta resistendo all’ondata di crisi. A stabilirlo è il dato sull’utilizzo degli impianti, evidenziato dall’ultima indagine congiunturale dell’Ufficio studi dell’Unione degli industriali della Provincia di Varese. L’attività, infatti, nell’ultimo trimestre del 2020, è stata pari all’80,8%. Un livello di lavoro che è rimasto praticamente invariato rispetto allo stesso periodo pre-Covid dell’anno scorso (80,6%), anzi leggermente superiore. (nella foto la Cibitex durante il Pmi Day)
È questo lo scenario dell’andamento produttivo delineato durante l’assemblea annuale congiunta dei Gruppi merceologici “Meccaniche” e “Siderurgiche, Metallurgiche e Fonderie” di Univa che si è tenuta in modalità digitale. Un settore che impatta consistentemente su tutta la compagine associativa. Sono, infatti, 423 le aziende metalmeccaniche per 28.656 dipendenti. Sul totale delle imprese associate rappresentano il 38,8% e il 43,6% degli addetti.
«Stiamo affrontando uno dei momenti più difficili e complessi della nostra storia industriale – commenta il presidente delle imprese “Meccaniche” di Univa, Giovanni Berutti -. Le imprese del nostro settore, però, stanno riuscendo ad arginare la crisi generale scatenata dalla pandemia molto meglio di altre attività economiche, anche manifatturiere. I numeri del comparto metalmeccanico varesino mettono in evidenza questa capacità di resilienza dalla quale sta traendo vantaggio tutto il nostro territorio».
Per quanto riguarda la produzione, secondo l’indagine dell’Ufficio Studi di Univa, nell’ultimo trimestre del 2020, il 63% delle aziende ha registrato un aumento, il 30,4% ha segnato livelli stabili, mentre solo il 6,6% ha dovuto fare il conto con un calo. È prevista nei prossimi mesi una ulteriore ripresa, ma c’è un problema crescente che sta creando preoccupazione nel sistema produttivo anche locale: «La carenza di materie prime, per non parlare dell’aumento dei loro costi. Registriamo già linee di produzione che sul territorio si stanno fermando – mette in guardia Berutti -. Poco possiamo fare di fronte a dinamiche internazionali di approvvigionamento, ma sicuramente è questo il momento di parlarci di più tra imprese e fare network tra noi per innescare virtuosi processi di compensazione e fare in modo che chi ha un eccesso di materiali possa venire incontro a quelle realtà che soffrono maggiormente questa situazione».
Un problema, quello delle materie prime, che sta gravando meno sulle imprese siderurgiche. A dare una visione generale dell’andamento industriale varesino del comparto è Gianluigi Casati, presidente Gruppo merceologico “Siderurgiche, Metallurgiche e Fonderie”: «Stiamo reagendo. Nelle varie statistiche c’è un dato rilevato dall’Ufficio studi di Univa che colpisce e che racconta meglio di altri ciò che sta avvenendo nelle imprese dei nostri settori. Ossia quello relativo alla quota di imprese della provincia di Varese che, nonostante la crisi e le mille difficoltà, ha continuato ad investire e che nel 2020 è stata pari al 62%. Altrettanto saranno quelle che lo faranno nel corso del 2021. Basti pensare che nel 2020 il 54% delle imprese ha investito nella transizione 4.0 e che nel corso di quest’anno tale quota salirà al 66%. Questo vuol dire che le nostre aziende all’onda d’urto della pandemia hanno risposto non ancorandosi a ciò che hanno sempre fatto, sperando che passasse la tempesta, bensì reinventandosi e innovando prodotti, processi, organizzazione, metodo e approcci».
ESPLOSA CASSA INTEGRAZIONE
Se, però, l’ultimo trimestre del 2020 si è chiuso con una produzione in aumento, a fare da cartina di tornasole di un anno comunque difficile è il bilancio finale delle ore di cassa integrazione aumentate di oltre l’800% rispetto al 2019. Luci e ombre anche sul fronte dei mercati esteri. Nel 2020 il settore metalmeccanico varesino ha registrato una riduzione delle esportazioni del -7,5% e dell’import del -8,7%. All’interno del settore, tutti i comparti hanno registrato una contrazione dell’export, ad eccezione del comparto dei prodotti e apparecchi elettronici, che comprende computer e prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+8,11%) e del comparto dei mezzi di trasporto (+1,36%), sinonimo per Varese di aerospazio. La parola d’ordine per il settore è: recuperare competitività. In questo senso nei prossimi mesi sarà centrale l’applicazione del nuovo contratto collettivo illustrato alle imprese varesine, durante l’assemblea dei Gruppi merceologici di Univa, da Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica: «Con il nuovo Contratto Nazionale, Federmeccanica ha concretizzato la volontà di investire sul lavoro e sul Paese. È un contratto che ha un importante impatto sulle retribuzioni minime, aspetto su cui si sono concentrate le attenzioni dei più. Ma c’è un elemento ancora più fondamentale e innovativo che l’intesa introduce, ossia la rivisitazione di tutto l’impianto di inquadramento professionale dopo 50 anni di storia. Il vecchio impianto era un modello pensato in epoca di fabbrica fordista e creato all’interno di un contesto con livelli di scolarizzazione della forza lavoro non paragonabile a quelli dei nostri giorni. Un quadro, dunque, che non rispondeva più alle esigenze di un’impresa metalmeccanica moderna, di fabbriche sempre più intelligenti, digitali e 4.0. Serviva dunque innovare e abbiamo trovato il coraggio di farlo mettendo sul tavolo come Federmeccanica il ripensamento dell’inquadramento. La più grande innovazione di questo nuovo impianto è il passaggio dalla mansione al ruolo, che sposta l’importanza da quello che si fa al come lo si fa. Siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo grazie ad un profondo clima di fiducia tra le parti sociali che hanno dato vita a questo nuovo contratto a livello nazionale. Ora la palla passa ai territori per dare piena applicazione a questo contratto, adattandolo alle singole realtà e alle varie specificità. Questo passaggio sarà cruciale per fare del nuovo Ccnl un fattivo e concreto strumento di competitività e di crescita per le imprese».
La chiosa è del direttore generale di Federmeccanica, Stefano Franchi: «È un contratto dal grande spirito riformatore. Con le riforme si possono aiutare le imprese e si può recuperare competitività. È un messaggio che diamo a tutto il Paese e alle istituzioni».
I vertici di Federmeccanica in visita alle imprese di Varese
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