Cot, case e ospedali di comunità: come cambia la medicina territoriale a Varese
Due ospedali e 9 case della comunità oltre a una Centrale COT: questo il piano di sviluppo su cui lavora l'sst Sette Laghi. Le novità della presa in carico dei cittadini
Una casa di comunità ogni 50.000 abitanti, un ospedale di comunità ogni 150.000 abitanti, un centrale operativa territoriale (COT) ogni distretto ( circa 100.000 abitanti).
Sono i numeri della futura medicina territoriale, finanziata con i fondi del PNRR e sui cui Regione Lombardia sta definendo il piano di sviluppo.
Una parte è già stata definita e finanziata e sarà realizzata entro fine anno. Ed è sull’avvio di un modello di assistenza socio sanitaria che sta lavorando il dottor Ivan Mazzoleni, direttore socio sanitario dell’Asst Sette Laghi. Un percorso nuovo per il territorio lombardo, abituato da anni a una netta separazione tra medicina territoriale e ospedali.
«Dall’estate scorsa – spiega il dottor Mazzoleni – abbiamo istituito un volo tecnico di confronto con ciascun Ufficio di Piano ( leggi cosa sono gli uffici di piano). In quella sede, si stanno definendo i programmi operativi del prossimo triennio ed è importante introdurre la nuova idea di collaborazione trasversale, per puntare a un’integrazione di modelli di sviluppo e lavoro che, in futuro, potranno sfociare in percorsi condivisi per mettere al centro il cittadino. Saranno piani che vedranno partner anche la Sette Laghi».
La sfida è rivoluzionaria. Un territorio abituato a lavorare in modo autonomo, dovrà ora imparare a relazionarsi e creare risposte territoriali esauriente per ogni necessità del singolo cittadino.
(nella foto il dr Ivan Mazzoleni)
Ma quale organizzazione avrà la medicina territoriale?
CENTRALI OPERATIVE TERRITORIALI
Si parte dalle COT, che, grosso modo, rappresentano gli attuali uffici di piano. La normativa, però, ne prevede una ogni 100.000 abitanti mentre, l’attuale organizzazione, è tarata sui 50.000. Le future COT saranno, probabilmente, ridisegnate con accorpamenti : « È uno dei temi del tavolo negoziale – spiega il direttore socio sanitario della Sette Laghi – L’eventuale accorpamento terrà conto dei modelli di collaborazione e interazione già presenti oggi, così da permettere un’evoluzione naturale. Noi abbiamo fatto una proposta che verrà analizzata dalla Conferenza dei Sindaci e, successivamente, dal gruppo dei sindaci di ciascun distretto».
L’obiettivo finale sarà la costituzione di COT ,vere e proprie cabine di regia dell’attività socio sanitaria svolta da diversi attori, istituzionali e anche del terzo settore. Ogni COT istituirà un modello tarato sulle esigenze del territorio: non un progetto fotocopia, ma sistemi integrati definiti dal confronto dei diversi attori.
CASE DELLA COMUNITA’
Saranno 9 quelle che aprirà la Sette Laghi: cinque sono già state approvate perché sono accolte in edifici di proprietà regionale ( Varese, Tradate, Angera, Luino e Laveno) mentre altre quattro verranno attivate in futuro (nella fase due Gavirate, Arcisate e Azzate di proprietà comunale mentre Sesto Calende arriverà per ultima perché la proprietà è privata).
Una volta a regime, saranno costruite come modello “Hub and Spoke”, con offerta integrata, quelle di Angera e Sesto Calende ( la prima spoke e Sesto Hub) e Gavirate e Laveno Mombello ( con Laveno in qualità di hub). Lavoreranno in autonomia la sede di Via Monte Rosa a Varese e gli attuali distretti di Azzate, Tradate, Luino e Arcisate.
« Questa è un’evoluzione che, di fatto, non porterà grosse novità, perché la Sette Laghi è un’azienda con grande diffusione sul territorio, grazie ai suoi 7 ospedali – spiega il dottor Ivan Mazzoleni – La parte innovativa verrà definita dal confronto con i medici di medicina generale del territorio per individuare il bisogno della popolazione e costruire percorsi di presa in carico adatti a rispondere in modo puntuale alle principali domande di assistenza. Si tratterà soprattutto di un’offerta nell’ambito della cronicità. In queste case verranno a lavorare gli specialisti dell’ospedale sollevando, nel contempo, gli ambulatori ospedalieri di parte dell’attività».
I servizi saranno di almeno tre macro aree
La casa della salute sarà un luogo fisico dove i cittadini troveranno tutte le risposte ai bisogni sanitari. Saranno tre le macro aree: il punto unico di accesso con il CUP per le prenotazioni sia sanitarie sia per i servizi sociali; i servizi con il centro prelievi, gli ambulatori, la continuità assistenziale, le vaccinazioni e tutte le prestazioni attualmente erogate nei consultori oltre alle quelle infermieristiche. Ci sarà anche la diagnostica di base, quella più semplice a completamento delle visite ambulatoriali. Referenti della casa saranno anche i medici curanti, da coinvolgere nei percorsi di presa in carico e cura al domicilio. L’ultima area sarà l’integrazione sanitaria e sociale con la compresenza dei diversi attori coinvolti nelle risposte molteplici di assistenza medica e sociale ( in capo ai comuni). Tra i progetti in discussione anche l’apertura di un ambulatorio dei codici bianchi, di concerto con la medicina del territorio, per evitare accessi impropri nei pronto soccorso ospedalieri.
La prima casa a sarà a Tradate
Avrà sede in via Gradisca dove attualmente c’è il Distretto. Entro fine anno verranno avviati i lavori di sistemazione per ospitare ambulatori e servizi. I percorsi specialistici su cui puntare sono in fase di definizione con il coinvolgimento della trentina di medici di medicina generale del territorio. Si valuterà i bisogni tra quelli più diffusi in ambito diabetologico, cardiologico, pneumologico. Sul fronte edilizio, entro fine mese, saranno approvati i progetti di sistemazione da realizzare a dicembre. Le case dovranno rispettare canoni precisi per renderle facilmente identificabili sul tutto il territorio lombardo.
La sperimentazione: le dimissioni protette dei grandi anziani
«Proprio a Tradate, abbiamo avviato una sperimentazione per le dimissioni protette di pazienti over80. Prima di dimetterli dal reparto ospedaliero, quindi, scatta un meccanismo che coinvolge tutti gli attori potenzialmente coinvolti ( compresi i medici curanti) nella tutela del grande anziano che rientra al domicilio. Dalla valutazione viene individuato il miglior percorso in uscita, garantendo assistenza a lui e agli eventuali care giver. Questo modello, lo replicheremo dal gennaio prossimo in tutti gli Uffici di piano ed è un primo concreto atto di integrazione dei servizi a tutela del cittadino».
Infermiere di famiglia
La Casa della Comunità sarà soprattutto il luogo dove lavorerà l’infermiere di famiglia, una nuova figura specialistica di assistenza sanitaria che coniuga le prestazioni tradizionali in capo all’infermiere con attività di relazione verso gli utenti, i famigliari e i medici curanti: « In ogni casa – spiega il direttore della Sette Laghi – lavoreranno 8 o 9 infermieri di famiglia e saranno il collante della comunità. Saranno al centro della rete di assistenza, una sorte di ponte tra casa della salute e domicilio. La Sette Laghi ha già assunto personale che andrà comunque implementato a mano a mano che verranno aperte queste case. Attualmente, sono infermieri che stanno lavorando nella gestione della pandemia ma che hanno già completato il percorso di formazione per ricoprire il ruolo sul territorio».
OSPEDALI DI COMUNITA’
All’ospedale di Luino apriranno i primi sei letti
Innovativa è anche la parte che attiene agli ospedali di comunità. La Sette Laghi ne aprirà uno entro fine anno a Luino mentre il secondo, previsto nel padiglione di Medicina a Cuasso al Monte, verrà attivato in un secondo momento, al termine dei lavori di ristrutturazione da realizzare con i fondi del PNRR. Al Confalonieri di Luino si partirà con sei letti per poi aumentarli fino arrivare a regime con 20 letti.
Sarà inizialmente adiacente alla medicina ma completamente autonomo. Una volta terminati i lavori di ristrutturazione del quinto piano, l’ospedale si trasferirà e potrà ampliare la capacità.
La caratteristica è che la gestione sarà principalmente infermieristica e la presenza dei medici sarà per 4 ore al giorno. La vera scommessa è quella di riuscire a collaborare proficuamente con la medicina del territorio per una gestione integrata dei degenti.
Chi sarà ricoverato?
Si chiamano letti a bassa o bassissima intensità di cura dove la degenza può arrivare fino a 30 giorni. Il personale sarà composto da 9 infermieri e 4 oss per turno con la presenza dei medici per 4 ore. « Al momento dell’apertura, saranno i medici della Sette Laghi a gestire i 6 letti – spiega il dr Mazzoleni – lavoreremo, però, per arrivare a una partecipazione attiva della medicina territoriale. Non è una questione in capo a noi, ma fa parte di una trattativa nazionale che coinvolge il Ministero e i medici di base. Completeranno la squadra altre figure professionali che verranno individuate in base alla domanda di assistenza».
Come accedere all’ospedale di comunità?
« Sono diversi i canali di ingresso: dal territorio, su segnalazione del medico curante, dalla struttura ospedaliera dove il paziente è in dimissione, dal pronto soccorso dove il cittadino ha fatto l’accesso o dagli ambulatori specialistici. Ognuno di questi metodi prevede la compilazione di una richiesta di ricovero da inviare alla COT. Qui, una commissione valuterà i casi, sia dal punto di vista clinico sia da quello sociale, predisponendo l’eventuale ricovero se sussistono le condizioni. Precisiamo che non si tratta di un doppione del reparto di subacuti, ma di una diversa modalità di assistenza che vede centrale il medico curante chiamato a rivestire il ruolo di “clinical manager”».
LE QUESTIONI ANCORA APERTE
Sulla carta lo sviluppo della medicina territoriale, così come previsto dal PNRR, è ben definito e strutturato. Per arrivare a una precisa pianificazione, però, mancano ancora alcuni elementi essenziali che dovranno, però, essere definiti a livello governativo. Come i servizi standard da prevedere nelle reti di assistenza territoriale e che verranno ricompresi in un decreto attualmente in discussione, piuttosto che il ruolo della medicina di base. Nell’attesa che tutte le risposte diventino ufficiali, la Sette Laghi prosegue nella progettazione e, soprattutto, nel dialogo costruttivo con il territorio che dovrà essere più protagonista e partecipe nelle scelte di salute pubblica.
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