Ricordati a Brissago i cinque giovani partigiani “morti per la libertà”
Presenti un centinaio di persone tra cui alcuni studenti dell'ICS di Mesenzana e due nipoti di Flavio Fornara, trai i cinque partigiani fucilati quella terribile notte del 7 ottobre 1944
E’ stato rinnovato anche quest’anno, alla presenza di diverse associazioni, cittadini, alpini e forze dell’ordine, il momento commemorativo in ricordo dei cinque partigiani uccisi dalle camicie nere il 7 ottobre 1944.
Giampiero Albertoli, Luigi Perazzoli, Segio Lozio, Flavio Fornara e Dante Girani. Questi i nomi dei cinque giovani che oggi, nel 78esimo anniversario, sono stati ricordati al cimitero di Brissago Valtravaglia, luogo della fucilazione.
Tra i presenti alla cerimonia – sentitamente organizzata ogni anno dall’Anpi Luino e dal suo presidente Emilio Rossi con il supporto dell’Anpi provinciale – anche il sindaco di Maccagno con Pino e Veddasca Fabio Passera, quello di Porto Valtravaglia Ermes Colombaroli, quello di Brissago Valtravaglia Maurizio Badiali, l’assessore del comune di Luino Elena Brocchieri, la presidente dell’Anpi provinciale Ester De Tomasi, il ciclista della memoria Giovanni Bloisi, Don Michele e alcuni studenti dell’ICS Domenico Zuretti di Mesenzana.
A prendere la parola per primo è stato il sindaco ospitante, Maurizio Badiali: «Qui dove oggi noi ci troviamo, ebbero fine il calvario e la vita di cinque ragazzi. Uno dei tanti e innumerevoli episodi di violenza che hanno caratterizzato quell’arco di tempo ricompreso tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945. Storicamente noto come “Resistenza”, l’insieme di movimenti politici e militari che si opposero al nazifascismo nell’ambito della guerra di liberazione. Fu in questo contesto che molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta innanzitutto morale contro il nazifascismo. Giova ricordare però – ha concluso Badiali – che celebrare non basta, coltivare la memoria rischia di trasformarsi con il tempo in una vuota liturgia, se non colmata dalla consapevolezza che il sacrificio di questi ragazzi, sarebbe privo di valore se non servisse da insegnamento che oggi come allora c’è bisogno di uomini e donne liberi, che non chinino la testa di fronte a chi, con la violenza, con il terrorismo, il fanatismo religioso, l’aggressione e l’invasione di un altro stato vorrebbe farci tornare a epoche oscure».
D’accordo con lui anche il sindaco di Maccagno Fabio Passera che, sottolineando anch’egli la pericolosità già espressa da Badiali nel dire che “coltivare la memoria rischia di trasformarsi con il tempo in una vuota liturgia”, ha aggiunto, rivolgendosi ai ragazzi: «Qualcuno potrebbe pensare ‘eh ma parliamo di qualcosa che è successo tempo fa.’ No, parliamo di un fatto storico che ci ricorda che niente di quello che abbiamo è per sempre. Perché domani mattina potremmo trovarci di nuovo l’invasor, che probabilmente sarebbe diverso da quello che trovarono questi ragazzi, magari più tecnologico, più infido, più subdolo, ma comunque un ‘invasor’. La seconda cosa che voglio dirvi – ha aggiunto ancora Passera con lo sguardo al futuro – è che anche oggi combattiamo la nostra Resistenza. Per esempio contro tutti quelli che non ammettono che persone come noi possano avere la pelle di un colore diverso dal nostro, o un orientamento sessuale e religioso. Nel momento in cui ci permettiamo di giudicare gli altri perché vivono in un certo modo, stiamo attentando alla loro libertà. E allora vedete che la Resistenza non è solo una cosa che si vede sui libri, o che si impara ricordando la tragedia di questi ragazzi. La Resistenza la viviamo ogni giorno ed è molto più vicina a noi di quella che sembra. E’ drammaticamente importante ricordarlo oggi. Io non ho alcuna paura che il passato che stiamo ricordando oggi possa ritornare, io temo qualcosa di peggio, temo l’indifferenza. Se c’è una cosa che dobbiamo combattere è proprio questa, l’indifferenza».
Che le parole e la memoria sono importanti lo ha ricordato anche il sindaco di Porto Valtravaglia Ermes Colombaroli, e l’assessore luinese Elena Brocchieri: «Essendo madre di due figli che hanno la stessa età di questi ragazzi che oggi stiamo commemorando, non posso che commuovermi. Mi rivolgo agli adulti, i giovani hanno bisogno di noi. Stanno vivendo le conseguenze della pandemia, l’incertezza del loro futuro, la guerra, i cambiamenti climatici. Dobbiamo noi adulti trovare la forza di stringerci intorno a loro perché gli arrivino valori solidi come li avevano questi giovani che stiamo ricordando. Stringerci intorno a loro perché riescano ad affrontare il futuro in maniera salda e decisa».
«Ma la libertà che cos’è?», ha continuato Carlo Leoni, che insieme a Comunità Montana Valli del Verbano ogni anno organizza in modo gratuito il trasporto degli studenti di Mesenzana a questa commemorazione. «L’Inno d’Italia fu scritto da un giovane per cercare di unificare l’Italia, l’Italia poi si unificò ma non sono così certo che abbiano imparato ad essere un popolo, a rispettarsi. E il termine libertà è strettamente legato al concetto di rispetto. Bisogna imparare a rispettare e farsi rispettare, così si ottiene la libertà di fare la cosa giusta e non quella che conviene. La libertà va costruita giorno per giorno. Io non credo che la nostra generazione sia riuscita a donarvi la vera libertà e quindi per favore – conclude Leoni guardando i giovani presenti – costruitela voi».
«Noi non siamo distanti. Noi siamo storia e dobbiamo continuare la memoria attraverso questo», ha aggiunto il professor Chiricchiello, in costante collaborazione con l’Anpi Luino per portare questi valori nelle scuole.
Visi commossi e sguardi bassi hanno poi lasciato spazio alle musiche del trombettiere Antonio Vescio e ai ringraziamenti – fatti con un filo di voce – delle due nipoti, Flavia e Cristina, di Flavio Fornara, tra i cinque partigiani fucilati quella terribile notte del 7 ottobre 1944. Giovani che «non erano pronti per essere catturati, portati a piedi e scalzi, sino al luogo dell’assassinio – ha concluso la presidente dell’Anpi Provinciale, Ester De Tomasi – .Non erano pronti questi ragazzi, questi giovanissimi ad essere fucilati. Non erano pronti ad essere trattati
come carne da macello. Legati ad una sedia e falciati come spighe al sole da una raffica di proiettili. Voglio soffermarmi sul più giovane di loro Sergio Lozio di Treviglio, aveva diciotto anni quando venne catturato dalle milizie fasciste! Diciotto anni, ancora un ragazzino, lontano da casa, viene legato ad una sedia e crivellato di colpi! Spezza il cuore pensare che era il più piccolo di loro, aveva solo diciotto anni, un adolescente. Non è umano, non c’è niente di umano in quello che gli hanno fatto. Sergio Lozio, aveva pochi anni più di voi. È un attimo essere sopraffatti da una dittatura, è un attimo non avere più la libertà di parola. La sua unica colpa era quella di non voler andare in guerra e desiderare un’ Italia libera dalla dittatura fascista. Cosi come per tutti gli altri giovani partigiani della Gera, desiderosi di vivere liberi e invece barbaramente crivellati di colpi. Chi proprio alla cascina della Gera, chi qui a Brissago, chi alle Bettole di Varese. Non tornarono mai più a casa, i genitori li aspettarono invano e non li rividero mai più! Non poterono mai riabbracciarli. Mi rivolgo in particolare a voi giovanissimi – ha aggiunto ancora De Tomasi -. Meditate ragazzi, meditate su quello che è stato, guardiamo oltre i confini di casa nostra, volgiamo lo sguardo anche al di là del piccolo mondo in cui viviamo. In questi giorni, dopo le uccisioni delle donne in Iran, dobbiamo sostenere le donne Iraniane che, in segno di protesta, si stanno tagliando pubblicamente i capelli. Si stanno ribellando ad una feroce dittatura maschilista. Teniamo viva l’attenzione su di loro, solo così potremo aiutarle. Voi giovani che siete molto bravi sui social, rendete virali le loro immagini, le foto e i video di queste donne che stanno combattendo la loro battaglia, non solo per sé stesse, ma anche per tutti gli altri nel loro paese. Una battaglia di libertà. Siamo qui con tutti voi per non far dimenticare, siamo qui per gettare un seme che auspichiamo fruttiferi e diffonda la pacificazione, la cittadinanza attiva e consapevole. Finisco citando una frase del nostro amato Presidente Smuraglia: “schiena dritta e sguardo verso le stelle”. Mettiamolo in pratica».
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