Si chiama Industria 4.0 perché è stata preceduta da altre tre rivoluzioni industriali. Ciò che la differenzia dalle altre è la presenza di più tecnologie abilitanti e diverse tra loro. È quella che si definisce una rivoluzione combinatoria perché le singole tecnologie non rappresentano di per sé una rivoluzione. L’industria 4.0 è soprattutto un cambiamento di processo e di mentalità, ma come questo avverrà ancora non si sa. «È un vero e proprio salto antropologico», dicono gli esperti, che cambierà il nostro modo di lavorare e di vivere, ma non sappiamo ancora in che termini. E soprattutto non sappiamo se esiste una via italiana a questa rivoluzione. In tutta questa incertezza un punto sicuro, che ci preoccupa molto, lo conosciamo: nel cambiamento sarà determinante la coerenza del contesto. Così Raffaella Manzini docente dell’università Liuc di Castellanza: «Ogni nuovo paradigma per affermarsi ha bisogno di un mondo aperto, questa è una rivoluzione per il management perché l’innovazione è a sua volta un processo aperto e non più chiuso all’interno della singola azienda, non a caso si parla di open innovation. I veri innovatori scambiano conoscenza e informazioni con un insieme ampio di soggetti, contaminando settori diversi. Oggi è aumentata l’intensità di tutto questo, ma solo se il modello della triplice elica (imprese, università e istituzioni) funziona si può affermare e realizzare la nuova rivoluzione industriale».
(Michele Mancino michele.mancino@varesenews.it)